PER UNA “RIVOLUZIONE DEL CUORE”. La visione dell’umano di Giacomo Leopardi nella lettura critica di Gaetano Sanseverino tra antropologia cristiana e istanze pastorali
di Carmine Matarazzo
Alessandro Polidoro Editore
Napoli 2015
pp.173
euro 16,00
Incontrare e ripercorrere due esistenze molto diverse tra loro, quella del nobile poeta-filosofo recanatese Giacomo Leopardi e quella del prete-filosofo neotomista napoletano Gaetano Sanseverino, indagando sulle rispettive concezioni dell’umano chiaramente divergenti: si può riassumere così lo scopo dichiarato di questo interessante volume. Un obiettivo che l’autore raggiunge e supera ampiamente, perché nel rappresentare l’incontro-scontro a distanza di queste due immense personalità – una celeberrima, l’altra nota per lo più agli addetti ai lavori – ricostruisce la temperie culturale, sociale e politica del XIX secolo, con una particolare e doverosa attenzione al fermento culturale nel meridione d’Italia e nella sua città più rappresentativa.
E proprio Napoli è il trait d’union tra i due personaggi, le cui vite si intersecano cronologicamente nella capitale del regno borbonico, dove il Conte Leopardi giunge il 2 ottobre 1833 all’età di 35 anni, quando Gaetano Ignazio Maria Sanseverino ha solo 23 anni e frequenta ancora il Seminario Urbano, e dove muore e trova sepoltura nel 1837, quando il Sanseverino, ormai presbitero, avrebbe avuto secondo alcuni biografi i suoi primi contatti con il mondo accademico. Ma la città non è solo sfondo e cornice del confronto tra queste due straordinarie esistenze [non vi sono testimonianze certe di un incontro di persona tra i nostri due intellettuali, sebbene la vicinanza tra le loro rispettive abitazioni tra il 1834 e il 1835 porta il nostro autore a sussurrare quasi la suggestione che «forse non è proprio un azzardo ipotizzare che quando Leopardi usciva di casa, preso dall’ “inesplicabile desiderio di andar fuori da solo” (motivo per cui l’amico Ranieri si spazientiva fino alla gelosia), avesse potuto avere con Sanseverino un qualche incontro casuale, o magari cercato, voluto, proprio per intrattenersi in “libere confabulazioni”» (p.20)]: attraverso le fibrillazioni delle sue diverse compagini culturali e correnti di pensiero, la Napoli dell’800 fornisce quell’humus fertile in cui il confronto si radica. Una realtà esposta esaustivamente dall’autore in diversi punti di questo pregiato lavoro, ma particolarmente approfondita nel primo capitolo, intitolato non a caso Il poeta Leopardi a Napoli e il giovane presbitero Sanseverino.
Centro focale e punto di partenza dell’intero lavoro è l’agile saggio Delle poesie di Giacomo Leopardi, o sia Esame del sistema di coloro che pongono ogni felicità nella speranza che Sanseverino, considerato da più parti l’antesignano della rinascita degli studi tomistici nell’Italia dell’800, pubblicò nel 1849 sulla rivista La Scienza e la Fede (vol. XVIII, fasc.106, pp.282-304), da lui stesso fondata a Napoli nel 1841 con la collaborazione di altri ecclesiastici partenopei. Un esame critico delle opere leopardiane che l’autore del nostro volume ha avuto l’indubbio merito di recuperare e pubblicare integralmente in appendice allo stesso, con l’aggiunta di note critiche e preziosi chiarimenti.
Nonostante il contributo sanseveriniano si apra «definendo il poeta di Recanati quasi con un giudizio positivo» (p.7) sull’eleganza del suo stile riconosciuto superiore a quello di tutti i predecessori e maestri, è sulla concezione dell’umano che il filosofo napoletano avanza una serrata critica al poeta, per quanto entrambi siano accomunati dalla stessa passione per l’uomo. Infatti, Sanseverino «pur comprendendo le istanze leopardiane, non concede nulla sul piano empatico al grido giobbico del Poeta, giudicato perfino inadeguato dopo il grido di Gesù sulla croce e l’azione redentiva del dolore operata nel momento glorioso della resurrezione» (p.10). La critica del Sanseverino è mossa soprattutto da preoccupazioni pedagogiche e va letta nel contesto delle finalità educative, formative e pastorali che egli persegue. In altri termini, Sanseverino teme che le menti e i cuori dei giovani napoletani possano essere corrotti dalle posizioni leopardiane «in merito alla vita e al destino “tragico” dell’esistenza, traghettata inesorabilmente verso la morte e il nulla» (p.36). Una constatazione che rivela le grandi capacità analitiche del filosofo napoletano, il quale, pur non conoscendo lo Zibaldone e basandosi solo sui Canti e sulle Operette morali, intuisce che il poeta recanatese «propone un preciso “sistema di pensiero” tendenzialmente portato allo scetticismo, assurto e giustificato come vera e propria teoria filosofica» (p.37).
Tale discorso emerge chiaramente nel secondo capitolo di questo volume (Le ragioni dell’umano di Leopardi nell’esame critico di Sanseverino), per continuare nel terzo (Le “ragioni di Dio” di Sanseverino e le obiezioni anticristiane di Leopardi), in cui prevale soprattutto l’analisi della critica sanseveriniana alle concezioni elpistiche di Leopardi che, secondo il suo recensore napoletano, «non ebbe il coraggio di aprirsi alla rivelazione, ma restò chiuso nel suo dolore, schiacciato dall’infelicità, impossibilitato ad aprirsi alla speranza cristiana, fermo nel solo desiderio di amore umano» (pp.65-66), e nel quarto capitolo (La religione «rivoluzione del cuore». L’essenza del cristianesimo tra Leopardi e Sanseverino), dove si approfondiscono quei particolari aspetti del tormentato rapporto del poeta recanatese con la religione, per poi analizzare nel quinto capitolo le questioni ancora aperte sugli ultimi attimi di vita del poeta e sulla sua ipotetica conversione al cristianesimo in punto di morte.
Discorso a parte merita l’appendice su L’ultimo viaggio del Cantore della Ginestra, con una meticolosa ricostruzione storica delle vicende relative al trasferimento dei supposti resti mortali di Giacomo Leopardi dalla Chiesa di San Vitale in Fuorigrotta al Parco Vergiliano, corredata da un’interessante documentazione fotografica e dalla trascrizione di numerosi documenti, comunicazioni e lettere di organi di governo, vescovi, parroci ed altri autorevoli testimoni della vicenda. Un lavoro di pregio e di grande interesse che rende onore al suo autore e alla figura del filosofo neotomista che l’ha ispirato, in occasione del 150° anniversario della sua morte.