Tutti in fila al Museo Diocesano Donnaregina di Napoli, per Il Salvator Mundi di Leonardo, in programma dal 12 gennaio al 31 marzo 2017. Una importante esposizione dedicata a Leonardo da Vinci, con al centro una delle opere più dibattute degli ultimi anni, che alcuni studiosi attribuiscono alla scuola leonardesca, mentre altri ne sostengono l’autenticità del genio creativo di Leonardo. Inaugurazione nel pomeriggio del 11 gennaio alla presenza, tra gli altri, dell’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, e del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca.
L’evento - Ideato dal maggiore esperto vivente del genio di Vinci, il professore Carlo Pedretti, direttore dell’Armand Hammer Center for Leonardo Studies presso l’Università della California (U.C.L.A.),vede la cura scientifica di Nicola Barbatelli. Fortemente voluto dal cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, promosso dall’Arcidiocesi di Napoli e dal Museo Diocesano, diretto da don Alfonso Russo, con il contributo della Regione Campania. Realizzato con la collaborazione della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/Madre Napoli, con il coordinamento organizzativo e gestionale della Scabec, e con il contributo scientifico di: Margherita Melani, Francesca Campagna Cicala, Alfredo Buccaro, e Ranieri Melardi, e la partecipazione dell’Università Federico II di Napoli, della Biblioteca Nazionale, del Comune di Napoli, della Città Metropolitana, del Fondo Edifici di Culto e del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore.
La mostra - Dopo circa trentaquattro anni, dalla celebre mostra di Capodimonte su Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, Napoli si presenta al centro del dibattito degli studi vinciani, attraverso la esposizione della famosissima tavola col Salvator Mundi , della ex collezione del marchese De Ganay, capolavoro del maestro di Vinci e della sua bottega, ed altri dipinti del suo affascinate atelier, come il Cristo Benedicente, del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, per la prima volta presentato con una attribuzione al pittore messinese Girolamo Alibrandi; ancora sullo stesso filone iconografico, in esposizione anche la tavola col Cristo fanciullo del Salaì, il giovane e controverso collaboratore di Leonardo, accompagnata da diversi lavori di pittura di allievi leonardeschi come Marco d’Oggiono, tre preziosi fondi grafici, il Codice Corazza, del 1640 circa, proveniente dalla Biblioteca Nazionale di Napoli, il Codice Fridericiano, custodito presso la Biblioteca di Area Umanistica dell’Università Federico II, e il testo Napoli antica e moderna, datato al 1815, redatto dall’Abate Domenico Romanelli.
Il Salvator Mundi – Raffigura il Cristo mentre leva la mano destra per benedire e nella sinistra tiene il globo, simbolo del suo potere universale. Quando l’opera arrivò ai restauratori della National Gallery era rovinata, offuscata da ridipinture antiche e vernici, facendo pensare a un lavoro di bottega. Barba e baffi, assenti nella pittura sottostante, vennero forse aggiunti dopo la Controriforma per adeguare l’immagine di Cristo alla fisionomia ufficiale. Durante il restauro è emersa una qualità pittorica ben superiore alle aspettative, con una ricchezza cromatica del tutto paragonabile, a detta di Pietro Marani, a quella della Ultima Cena. Tra i pezzi di miglior virtuosismo vi è il globo, che simula il cristallo di rocca, a testimonianza di un accurato studio sulla rifrazione ottica attraverso il vetro, in sintonia con gli interessi scientifici di Leonardo.
L’opera della discordia – Il professore Pedretti è pronto a giurare che quella esposta a Napoli sia l’originale Salvator Mundi realizzato da Leonardo, per altri è solo una delle tante copie del capolavoro rinascimentale. Così i fatti: poco prima di abbandonare Milano per la caduta degli Sforza, l’artista nel 1499 avrebbe dipinto una tavola del Salvator Mundi destinata a un privato. Il successo della tavola fu all’origine di numerose copie, le cui tracce però si confusero con quella dell’opera principale. Secondo alcuni, il quadro, dopo l’occupazione francese di Milano, finì in un convento di Nantes. Per altri, invece, fece parte delle collezioni di Carlo I d’Inghilterra, disperse all’asta dopo la sua decapitazione. Un Salvator Mundi di stampo leonardesco riapparve nel XIX secolo nelle raccolte di sir Francis Cook, che lo vendette poi al barone di Lairenty e successivamente al marchese de Ganay, a Parigi.
Carlo Pedretti – Professore emerito di storia dell’arte italiana e titolare della cattedra di studi su Leonardo presso l’Università della California a Los Angeles, dove dirige il Centro Hammer di Studi Vinciani con sede italiana presso Urbino. Autore di oltre quaranta libri e cinquecento fra saggi, articoli in varie lingue sui molteplici aspetti della sua specializzazione, è membro della commissione ministeriale per l’Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo da Vinci. Le onorificenze conferitegli in Italia e all’estero includono la Medaglia d’Oro alla Cultura del Presidente della Repubblica Italiana nel 1972, e nello stesso anno la Congressional Citation, che è il massimo riconoscimento da parte del governo degli Stati Uniti.
Le dichiarazioni- <<Hanno tutti ragione e, allo stesso tempo, torto – dichiara Barbatelli - sia gli studiosi favorevoli all’attribuzione che quelli contrari hanno ottime motivazioni dalla loro parte: non avremo mai la sicurezza assoluta che il dipinto sia di Leonardo, ma, allo stesso tempo, il dipinto è facilmente accostabile alla sua mano e alla sua bottega>>. <<Abbiamo colto subito l’importanza dell’evento – ha dichiarato il presidente della Regione Campania, Vincenzo de Luca – Al di là delle dispute scientifiche, è una grande occasione per riflettere e per visionare un’opera di straordinaria importanza. Al cospetto di Leonardo e dei suoi seicento disegni d’opera, si resta sbigottiti di come abbia potuto produrre così tanta sapienza e genio>>. <<Un evento straordinario, di cui la Chiesa di Napoli ha scelto farsi promotrice- così ha detto il cardinale Crescenzio Sepe – Un monumento artistico che rappresenta il Salvator Mundi, ossia il volto di Gesù, come un richiamo alle radici della nostra fede>>.