Quando ancora era nel pieno dei progetti e degli entusiasmi, come ebbe modo di far intendere all’onorevole Aldo Moro durante una visita dell’allora capo del Governo a Pozzuoli, il 26 febbraio 1966 il cardinale Alfonso Castaldo fu colpito da un acutissimo dolore ai reni. Una colica lancinante, che si rivelò subito foriera di una più nefasta realtà. Il cardinale Castaldo, arcivescovo di Napoli e vescovo di Pozzuoli, fu raggiunto dalla morte a causa di un’infiammazione delle vie urinarie con annessa insufficienza circolatoria. Stringendo fortemente al petto la teca del sangue di San Gennaro, si consegnò a Dio alle 10.50 di giovedì 3 marzo 1966.
Era nato a Casoria il 6 novembre 1890, una cittadina situata a Nord della grande città di Napoli, ben nota per aver dato i natali al gigante della Carità, il frate francescano fra’ Lodovico da Casoria, recentemente canonizzato dal Papa Francesco. Il XIX secolo è per Napoli il periodo più fertile per santità. Con Caterina Volpicelli, Bartolo Longo, Giuseppe Moscati…. la cordata di testimoni del Vangelo ha in Casoria, soprattutto lungo l’800, la via maestra di perfezione cristiana, quasi come una benevola epidemia contagiosa: madre Maria Cristina Brando, madre Giuliana Salzano e madre Maria Luigia Velotto…
Castaldo, nonostante il dolore per la prematura morte del padre, vive nel seno di una cittadina che ha saputo incentivare, coltivare e sostenere vocazioni presbiterali. Si pensi al cardinale Luigi Maglione, figura di primo piano della chiesa di Pio XII in quanto segretario di Stato di Sua Santità, e all’arcivescovo Antonio del Giudice, nunzio apostolico. Uno speciale legame di affetto teneva unito Maglione al più giovane concittadino, Alfonso Castaldo, che si dedicò con profitto allo studio sin da bambino presso le Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato di Casoria. Qui ebbe modo di conoscere la spiritualità di Maria Cristina Brando, recentemente elevata agli onori dell’Altare. Quel «figliuolino spirituale», come lo definiva la Madre, decise di entrare nel Seminario di Cerreto Sannita, anticipato da Maglione, che qualche anno prima aveva lasciato la cittadina posta alle pendici del Monte Matese per cominciare presso il Collegio “Capranica” di Roma quell’itinerario che lo portò ai vertici del governo della Chiesa.
Il futuro arcivescovo conseguì la licenza ginnasiale presso il Liceo statale di Benevento e la licenza liceale al Liceo governativo di Santa Maria Capua Vetere. Dopo aver concluso gli studi teologici, fu ordinato presbitero con regolare dispensa all’età di 23 anni l’8 giugno 1913 dal vescovo di Cerreto Sannita, monsignor A.M. Jannacchino. Appena ordinato sarà a Casavatore, ma farà ritorno ben presto nella sua Casoria. L’opera pastorale appena iniziata intanto fu turbata dallo scoppio della Grande Guerra, allorché fu chiamato nel corpo della Sanità e mandato presso la Certosa di Padula, adibita a causa degli eventi bellici a caserma per i prigionieri di guerra. Al rientro, divenne preposito curato della Collegiata di San Mauro di Casoria ad appena 28 anni.
La cura pastorale del giovane preposito fu indirizzata al recupero dei beni della parrocchia, alla manutenzione della chiesa, danneggiata dal terremoto del 1930, e soprattutto all’insegnamento del catechismo. Seguì le orme del suo concittadino, padre Lodovico, e spese energie e impiegò ingenti somme nella realizzazione di alcune opere sociali ancora oggi in piena attività. Infatti, a Casoria costruì la “Pia casa di riposo San Mauro” per gli anziani e il “Madrinato San Placido e degli Angeli custodi” per i bambini. Volle affidare la cura di queste istituzioni alle suore Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Contestualmente seguì fino alla morte madre Giulia Salzano anch’essa canonizzata nel 2010.
Il 27 marzo 1934, morto Giuseppe Petrone, vescovo di Pozzuoli, giunge la notizia dell’elezione del preposito di Casoria appena a 43 anni alla sede vescovile puteolana, nonostante le ripetute resistenze opposte dall’interessato alla chiamata episcopale, vinte per la mediazione del cardinale Magione. La preoccupazione del neovescovo di Pozzuoli si concentrò subito come suo stile alle opere sociali prodigandosi per gli anziani, i bambini e i giovani in stato di bisogno e di indigenza. Promosse molte opere di assistenza sociale e culturale, realizzando tra l’altro il “Villaggio del Fanciullo” a Pozzuoli.
Il cardinale Alessio Ascalesi lo volle suo coadiutore. Dopo la morte dell’Arcivescovo di Napoli, il 15 maggio 1952 fu designato da Pio XII amministratore apostolico. L’8 settembre 1952, tra la meraviglia di tutti, giunse nella città partenopea l’arcivescovo di Bari, Marcello Mimmi. Monsignor Castaldo rispose con grande serenità d’animo agli interrogativi che gli venivano da più parti, confermando con il suo umile atteggiamento l’ubbidienza incondizionata alle disposizioni di Pio XII. Anche il nuovo arcivescovo lo confermò nel ruolo di speciale cooperatore nella cura pastorale e nel governo della chiesa partenopea. Quando il cardinale Mimmi fu chiamato dal Papa a Roma in qualità di segretario della Sacra Congregazione concistoriale, il vescovo di Pozzuoli fu promosso alla sede di Napoli. Nel Concistoro del 15 dicembre 1958 fu creato cardinale, prese parte ai lavori conciliari e tenne contestualmente la cura pastorale della diocesi di Pozzuoli, grazie all’aiuto di un giovane vescovo ausiliare, monsignor S. Sorrentino.
«La cura pastorale è servizio di carità», aveva più volte ripetuto il cardinale Castaldo e lo fece solennemente anche nel corso della lettera pastorale per la Quaresima 1964, Charitas pastoralis. Il motto episcopale Non dormitabit neque dormiet rispecchia la sua vivace, geniale, umile personalità umana, sempre tesa al bene degli altri. È stato un vescovo costantemente chinato sulle esigenze dei più poveri, come degli orfani e degli anziani. Ha speso la vita come un vero testimone di Cristo, sempre pronto a mostrare la prossimità della chiesa, rispondendo con azioni concrete ai vuoti relazionali. Vigile e presente, non ha mai sonnecchiato né si è assentato di fronte alle esigenze dei più deboli, agli eventi ecclesiali, alle emergenze sociali del suo tempo. Un esempio di vero operatore della misericordia, come va ricordando il cardinale C. Sepe, successore di Castaldo sulla cattedra di sant’Aspreno, nel suo diuturno magistero sulle opere di misericordia, avendo assunto a icona del cammino ecclesiale diocesano il dipinto caravaggesco Le sette opere di Misericordia.