Il nostro direttore Michele Giustiniano ha voluto dedicare ampio spazio al ricordo di Aldo Masullo, in occasione della sua dipartita. Pertanto, nel numero di questa settimana, oltre all’editoriale del nostro collaboratore Ciro Incoronato (Duke University, Durham NC), abbiamo voluto inserire il presente approfondimento, intervistando il filosofo napoletano Pasquale Giustiniani.
Buona lettura
Per ricordare il professore Aldo Masullo, a pochi giorni dalla sua scomparsa, abbiamo scelto di fare un passo indietro nel tempo: novembre 2017, alcuni tra i più importanti studiosi del pensiero di Emil Cioran si diedero appuntamento a Napoli, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale sezione San Tommaso d’Aquino, per discutere da differenti angolazioni, sul tema Dio e il Nulla. La religiosità atea di Emil Cioran. Relatore d’eccezione, proprio Aldo Masullo.
Città del Monte ha raggiunto il professore Pasquale Giustiniani, direttore del dipartimento di filosofia della sezione san Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale in Napoli, sotto la cui direzione si svolse quell’incontro.
I titoli dei giornali di stampa apparsi in questi giorni, hanno definito il professore Aldo Masullo come il “filosofo gentiluomo”, “l’intellettuale coraggioso”, “maestro del pensiero come bussola della vita”. Il suo ricordo a quale immagine del maestro si accompagna? «Lo ricordo soprattutto come “filosofo della paticità”: così si autodefiniva negli ultimi tempi, almeno a partire dal 2002, anche in colloqui telefonici con me. Come ha scritto il grande storico della teologia, Andrea Milano, primo preside della facoltà teologica napoletana, “interessato inizialmente alla struttura dell’esperienza e ai rapporti fra l’intelligibile e il sensibile, in seguito Masullo si è confrontato con la fenomenologia di Edmund Husserl e l’antropologia medica di Victor Von Weizsäcker. Scavalcando o, se si preferisce, rovesciando o, meglio ancora, superando i suoi primi passi filosofici, egli ha cercato di accordare questi due apporti e ha così preso atto che la coscienza non è qualcosa di pienamente trasparente a se stessa”. Per questo alla coscienza di ognuno s’impongono degli apriori materiali, pertanto “patici” e, insieme, umanamente intersoggettivi. Il vissuto non è solo cognitività ma pure affettività, è esperienza di subire e avvalersi di qualcosa, in breve, comporta il “patico”. Ecco l’etichetta tecnica con cui la nostra Facoltà lo ricorderà: filosofo della paticità, che subisce il pathos del reale e soffre attivamente le sue relazioni con il mondo e con gli altri».
Nel 2017, alla Facoltà teologica di Capodimonte fu organizzato da lei il convegno “Dio e il nulla. La religiosità atea ai tempi di Emil Cioran”, nel quale riuscì ad avere la presenza di una figura di alto spessore come il filosofo Masullo. Come ne ricorda la partecipazione? «Insieme con Antonio Di Gennaro, valido traduttore di numerosi testi del pensatore rumeno, si pensò appunto a un convegno della Facoltà san Tommaso, di grande successo, poi approdato in un volume delle edizioni Mimesis. «Si ha sempre qualcuno al di sopra di sé: al di là dello stesso Dio si staglia il Nulla». O anche: «Essere o non essere… Né l’uno né l’altro». E insieme: «Divorato dalla nostalgia del paradiso, senz’aver conosciuto un solo accesso alla vera fede». Alcuni esempi, tra i tanti possibili sparsi negli scritti del pensatore rumeno Cioran, che ricordano la sua attualità anche dal punto di vista religioso. Aldo Masullo, con la sua filosofia della paticità, sembrò una figura importante per interpretare, se non la connessione, almeno il reciproco richiamarsi di nulla e divino. Chi meglio di lui avrebbe potuto parlare dell’uomo contemporaneo che, come Cioràn, si sente come un naufrago nel mare del nulla? Un lottatore tragico contro il dubbio, Cioràn, ma comunque in ricerca costante del dubbio, o meglio in lotta con se stesso e con Dio, un po’ come Giacobbe, ma anche come Pascal e, penserei, un po’ come l’ultimo Masullo».
A causa dell’emergenza Covid19, i funerali del filosofo si sono svolti in forma strettamente privata, in attesa di una celebrazione pubblica, quando tutto questo avrà fine. Come immagina e come spera che la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale possa ricordarlo non appena sarà possibile? «L’esperienza della pandemia, avrà ricordato ad Aldo, come lui stesso teorizzava, che dolore e piacere appartengono sì alla soggettività, ma non ne fuoriescono come fossero “oggetti” esterni ad essa. Certo dolore e piacere si danno anche fittamente intricati con i processi intenzionali, cioè si abbarbicano a costituzioni oggettive, solidarizzano con intenzionalità oggettivanti. Se le cose stanno così, continuava Masullo, l’io della vita cosciente “non è che” la vivente corporeità. Una corporeità che deve scoprire il corpo degli altri e anche il corpo della madre Terra, come affermò in un’intervista che mi rilasciò in occasione di un progetto di bioetica ambientale di una scuola elementare di Scampia. Riprendendo le sue stesse parole, infatti, si è motivati a sostenere che per Masullo la coscienza “non è altro che” la stessa corporeità vivente e insieme vissuta; non è il puro logico, l’astratto soggetto, ma il concreto patico. Certamente, prim’ancora di poterlo fare in vivo, già in qualcuno dei seminari on line della san Tommaso, ricorderemo volentieri il maestro e intellettuale Aldo Masullo che, tra l’altro, era anche amico del nostro gran Cancelliere, il cardinale Crescenzio Sepe».