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Rigattiere per caso

Quello del “sapunaro” è un mestiere presente a Napoli in maniera diffusa fino alla prima metà del ‘900. Col boom economico e il conseguente consumismo è caduto in disuso, sebbene le sacche di miseria non siano mai scomparse. Testimonianza di una ripresa in tal senso sono state le successive crisi economiche che hanno indotto al recupero di questa mansione particolare, al punto da avvalersi, talvolta, di una meticolosa ricerca tra i rifiuti che rende i suoi frutti secondo il detto <<A munnezza è ricchezza>>. Un tempo i saponari rappresentavano una saggia soluzione all’odierno problema dei rifiuti. Con il loro mestiere consentivano una raccolta differenziata di primissimo livello, tesa al riuso e accompagnata dall’incentivo di un guadagno. Erano soliti passare di casa in casa raccattando tutti quegli oggetti di cui la gente intendeva disfarsi, qualunque fosse il loro stato di conservazione. Il saponaro, non rendeva denaro come mezzo di scambio, bensì pezzi di sapone. La storia di Pasquale Pizzo ha dell’incredibile. Incrocia questo mestiere per caso. Un misto di fatalità e necessità che dimostra quanto sia attuale la vecchia arte di arrangiarsi, quell’istinto di sopravvivenza tramandato nel genoma dei napoletani. E’ mezzogiorno alla Strada Santa Chiara, quartiere San Giuseppe. Pasquale è un uomo tranquillo, dalla voce bassa. Siede comodamente accanto alla sua mercanzia, poggiata secondo una precisa coreografia, sulle mura del campanile di Santa Chiara, a due passi da piazza del Gesù. Il suo vero mestiere non era il rigattiere, ma lo è diventato. “Di necessità virtù” si dice. E Pasquale ha rispettato il detto alla lettera. In passato lavorava come trasportatore di giornali e riviste, rifornendo i giornalai della città. Ha condotto con sacrificio il suo lavoro mattiniero fino ad un terribile giorno di 15 anni fa, quando è cambiato definitivamente il corso della sua vita, umana e professionale. <<Sono stato vittima di una rapina pesante>> racconta Pasquale. Il berretto che indossa sembra riparare dal sole di metà maggio. In realtà nasconde le profonde cicatrici della colluttazione sul capo. Dopo due lunghi anni di degenza in ospedale, don Pasquale si reinventa un lavoro dal nulla. Comincia a raccogliere tutti quegli oggetti di cui le persone si disfano. Di casa in casa, di garage in garage, tra soffitte polverose e cantine da rassettare. Preleva su domicilio, pubblicando sui settimanali di annunci locali il suo numero di telefono e inizia a rivendere le cose più disparate:<<Roba antica, roba moderna, roba variegata!>>. Non ha ereditato questo mestiere ma è fiero della sua attività, apprezzata da una clientela mista in età adulta, composta soprattutto da appassionati di antiquariato, amatori dei vinili dalle copertine integre oramai surclassati dai moderni cd, collezionisti di libri ingialliti dal tempo. Pasquale allarga le braccia:<<Sono marito, papà di 5 figli, ho 13 nipoti e un pronipote. Sono già bisnonno e la famiglia deve mangiare>>. Sulla bancarella trovano spazio vecchie radio marroni, di cui garantisce il perfetto funzionamento, un piccolo televisore vintage, servizi di bicchieri e piatti decorati. Cosa non si trova qui nel piccolo bazar di Pasquale? La curiosità attira un distinto passante:<<Quanto costa quello?>>. Pasquale gli si avvicina e gli risponde in italiano:<<E’ un bronzo del 1838, fa 600 euro. Con un po’ di sconto posso farle 550>>. Di tutto un po’… ma l’arte prevale di gran lunga, colorando la sua bottega all’aperto. Abbondano le tele e quadri con paesaggi e panorami partenopei. Lavora sodo Pasquale: dalle 7 del mattino alle 8 di sera e il guadagno non è affatto assicurato. I segni del tempo mostrano sul viso una rara dignità che non ha voce nei bollettini di guerra dedicati a Napoli dai mass media. Fino a due anni fa la zona è stata oggetto di frequenti rapine e scippi ai danni dei turisti. Oggi Pasquale è rincuorato dalla presenza delle forze dell’ordine. Dice di sentirsi <<protetto e più tranquillo>>. Essendo stato vittima di un’aggressione c’è da credergli. La nostra chiacchierata si conclude con una vecchina che si avvicina con un carrellino, invitando in dialetto ad assaggiare le sue pagnotte calde. Pasquale ne acquista due, una per sé e l’altra per il suo amico. Chiede cortese se gradisco favorire. Infine mi saluta:<<E’ pur sempre mezzogiorno e la giornata è ancora lunga..>>.

 

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