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Il convegno di Collevalenza – parte III

A Collevalenza continuano i lavori del Convegno di Studi su

LA MISERICORDIA TRA GIUSTZIA E SPERANZA
 
Sabato, 7 febbraio 2009
Sessione pomeridiana
 
 
Il Prof. Angelo Capecci, docente di Storia della Filosofia e preside del Corso di laurea in Filosofia  nella Università di Perugia, ha svolto il tema: “La misericordia nella filosofia. Significati e accezioni di un’idea in momenti del pensiero occidentale”.
La filosofia occidentale si è interrogata – ha detto il Prof. Capecci – in diversi luoghi e da diverse prospettive sulla misericordia, anche se questo termine ha assunto uno specifico e precipuo valore nel linguaggio religioso.Una prima forma o via di una indagine filosofica sulla misericordia procede da una esperienza che sembra universale, quella di una emozione particolare che si verifica in casi limite di fronte ad altrui sofferenze, e si chiede il suo valore pratico cioè quali siano le sue implicazioni agli effetti dell’azione.
La domanda sorge perché quel sentimento o emozione  (che è definibile con termini come eleos, misericordia, pietà, compassione) possono produrre azioni nobili e meritorie, ed anche condurre ad una superiore consapevolezza del destino umano, ma possono anche determinare incertezza, inganno, debolezza nelle decisioni e nei comportamenti (Erodoto, Fedone).
 Capecci dopo aver parlato della misericordia secondo Aristotele ha trattato della misericordia come com-passione e come categoria antropologica.
 
 
Il Prof. Emmanuel Gabellieri, filosofo, preside della Facoltà di filosofia dell’Università Cattolica di Lione, con la sua relazione, chiara e argomentata, ha posto in risalto come rispetto alla filosofia antica e a quella moderna, che giudicano irriducibile la distanza tra Dio e l’uomo, la Rivelazione cristiana è la “rivelazione” di una capacità e di una volontà di Dio di “scendere” verso l’uomo perché la perfezione ontologica più alta non è l’autosufficienza ma il dono.
   Il cristianesimo, così – ha detto Gabellieri – obbliga a pensare in modo nuovo il problema ontologico. “Ciò che si può pensare di più grande” non è l’idea dell’Essere immutabile ma la Croce. Se il primo compito della teologia del XXI° secolo è “l’intelligenza della kenosi di Dio” (Fides et ratio n°93), il primo compitodi una filosofia cherisponda alle “esigenze filosofiche del cristianesimo” (Blondel), potrebbe essere quellodi pensare infine Dio come Dio, vale a dire come Amore il più grande possibile, “Amore soprannaturale” (S. Weil).
   La Misericordia,- ha concluso Gabellieri- come eccesso dell’Amore redentore, sarà allorail Nome più divino.
 
  La relazione della  Prof. Elena Barbieri Masini, emerita nella Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana sul tema: “Le donne come portatrici di misericordia” è stata letta in sala perché temporaneamente impedita.    
   L’esperienza di ricerca ed in particolare di ricerca empirica condotta per molti anni in numerosi paesi, anche in quelli flagellati da conflitti insanabili, ci ha rivelato, in modo sempre più evidente – scrive la Prof. Barbieri Masini – la chiara  capacità delle donne di essere punto di riferimento di atteggiamenti che portano alla convivenza più che al conflitto.
   In molti casi si può parlare  dell’ importante ruolo della donna per mantenere il tessuto sociale in equilibrio in situazioni di grande difficoltà e, quindi, si può dire che si tratti  anche  di attività  improntate alla misericordia. Misericordia è quindi parte integrante della giustizia e della pace. La giustizia è  rispetto della persona umana e del  bene  comune e la pace è comprensione  e carità, quindi misericordia
   Nella mia esperienza – afferma la prof. Barbieri Masini – ho trovato grandi esempi di misericordia anche in paesi in cui convivono, più o meno pacificamente religioni e culture diverse come in India e Sri Lanka. Vorrei anche  dire che in Africa ho trovato, nelle mie esperienze, donne capaci di misericordia anche se non chiamata così; donne che sostengono altre donne e che, soprattutto, cercano di creare ambienti più vivibili per i propri figli.
   La famiglia è il primo luogo dove le donne sono portatrici di speranza, anche se  questo,  soprattutto negli ultimi anni, non appare nella società occidentale, anzi i mutamenti della famiglia sono tra i più importanti, anche se  non riconosciuti, per le  loro conseguenze a lungo termine,  in relazione alle  generazioni successive.
   La società dovrà tornare  a riconsiderare  la donna come portatrice di  mediazione, di misericordia  e di speranza e non si può che cominciare dall’educazione.
 
          Dopo le relazioni dei professori Capecci, Gabellieri e Masini Barbieri, hanno svolto interventi programmati i dottori Alessandro Madruzzi, Carla Canuto e Chiara De Santis.

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