Anche in una città come Bruxelles, dove gli incontri importanti e fuori dal normale sono all’ordine del giorno, capita a volte di avere un appuntamento con la Storia. Accade di rado, ma ti lascia il segno. Tanto da sembrarti cosi’ ordinario quando lo stai vivendo e cosi’ straordinario quando lo rielabori a posteriori. Ovviamente nulla di tutto questo mi frullava nella testa quando ho incontrato Mikhail Gorbaciov. L’uomo che ha cambiato la storia del mondo dissolvendo l’impero sovietico e chiudendo di fatto la Guerra fredda mi appariva come un anziano un po’ frastornato, catapultato in Belgio per patrocinare un premio (l’Energy Globe Award) di cui sembrava non importargli molto. Ho già dato, sembrava pensare, ma se posso rendermi utile per contribuire alla lotta contro la povertà e l’inefficienza energetica allora mi rimetto in gioco, ci metto la mia faccia. Con questo spirito l’ex presidente russo mi sembra che partecipi alla conferenza stampa, una delle più affollate viste da tempo a Bruxelles. Come rendere il mondo più verde? Sono utili nuove centrali nucleari? Le domande si affollano e Gorbaciov fa più ricorso al suo passato e alla sua capacità di analisi che a reali conoscenze tecniche per rispondere a domande che ti sembrano quantomai retoriche o forzate. Chiunque in quel momento avrebbe voglia di chiedergli cosa gli passava per la testa nei giorni in cui è finita l’Urss, se pensava di aver fatto una stronzata o era ancora convinto di aver fatto bene. Nessuno osa domandargli cosa pensa della Russia di oggi, dove un nuovo e ancor più pericoloso dispotismo si fa strada in un mondo globalizzato che non ammette colpi di testa. Gorbaciov risponde impassibile a tutte le domande, con un russo cosi’ pieno da sembrare finto. Alla fine della conferenza stampa, il presidente del Parlamento europeo Hans-Gert Poettering, come un qualunque amministratore locale, lo invita nella sua cittadina in Bassa Sassonia mentre i flash dei fotografi scattano a raffica. Il corteo di organizzatori, guardie del corpo e figuranti vari conduce Gorbaciov nella sala plenaria del Parlamento, dove la sera si terrà la premiazione. Seguo il corteo, più per curiosità che per reale necessità. Mi ritrovo unico giornalista con un fotografo nella plenaria addobbata come un set hollywodiano, mentre Gorbaciov fa le prove per l’evento di gala. Si alza, consegna il premio a uno degli organizzatori, scherzano con l’aiuto del traduttore. E io resto li’, a guardare come un uomo che ha fatto la Storia diventi oggi il frontmen ideale, un ottimo consegnatore di premi e nulla più. Ci avviamo verso l’uscita, il codazzo attorno a lui si fa meno opprimente, lascia che io e gli altri pochi colleghi di li’ a poco sopraggiunti possiamo scattare foto a distanza più che ravvicinata. Poi, un momento di vuoto. Lo staff di organizzatori e guardie del copro si perde nei labirinti del Parlamento e non sa in che direzione andare. Gorbaciov viene lasciato da solo, in attesa di istruzioni. E’ li’ che mi avvicino e gli dico « Nice to meet you, Mr.Gorbaciov !». Mi stringe la mano e mi dice, con aria seria, qualcosa in russo. Faccio finta di capire, continua a guardarmi e a sussurrare qualcosa, mentre le guardie del corpo sono come scomparse. Lo guardo negli occhi e capisco su di lui molte più cose di quante possa dirne un libro di storia.