Un tempo, lo strumento più diffuso in Campania era la tamorra: un grosso tamburo circondato da piattini di latta. Da questo strumento prende nome la “tammurriata”, musica popolare e antica che veniva eseguita durante le feste di paese per accompagnare il ballo ricco di gesti della tarantella. La tammurriata, però, utilizzava anche altri strumenti musicali oltre al tamburo, ossia le “castagnette”, delle nacchere intagliate nel legno e costituite da due parti unite fra loro da un cordoncino, il “triccabballacche”, composto da tre aste di legno fissate su una base, il “putipù”, ossia un recipiente di terracotta chiuso da una pelle ben tesa, lo “scetavajasse”, lungo bastone di legno e “la tromba d”e zingare” che sarebbe un pezzo di metallo che viene infilato tra i denti. La particolarità di questa tradizione è che ogni composizione era unica e irripetibile grazie all’inventiva del cantore che rielaborava ogni volta le filastrocche e i distici , improvvisando. Nonostante l’allegria e la gioia che questa musica riesce ad esprimere , sono rimasti davvero in pochi a saper eseguire e ad apprezzare il folklore che è capace di rendere.