C’è aria di rivolta dietro casa mia. Desolazione e attesa avvolgono le strade sporche. I commercianti si affacciano curiosi, sulla soglia dei propri negozi aspettano ansiosi quel qualcosa che li eccita e li spaventa allo stesso tempo. L’asfalto è rovente e fumoso, il cielo cupo e coperto. Qualche volta il sole fa la sua comparsa e ti costringe a svestirti di ciò che in più hai addosso. Macchine e motorini imperversano sulle strade. E bloccano il corso. I rumori e i clacson assordano i passanti. E anche me. Ma io continuo a camminare distratta, nelle orecchie le mie canzoni, nella mente le mie emozioni. Talvolta riemergo risvegliata da qualche fetido odore di immondizia marcita, mi guardo attorno perplessa e riaffondo. Cammino, cammino e mi accorgo che tutto è sommerso dalla sporcizia: le strade, la gente, le salumerie, la frutta, la scuola guida. Persino alle prese coi miei quiz avverto quell’odore nauseabondo. E non vedo l’ora di tornare a casa. Ci torno, felice di sedermi alla mia scrivania, lontana dal colera, lontana dal sudiciume. Ma a distanza sento urla di manifestanti, bombe di carta lanciate chissà dove, cantanti stonati su un palco tra le cave e il resto del mondo. Elicotteri sopra di me. Niente che non mi rimandi allo sporco.