Print This Post

Che-L’Argentino

CHE- L’ARGENTINO di STEVEN SODERBERGH USA-FRA-SPA, 08.

La prima parte della vicenda rivoluzionaria di Ernesto Guevara de la Serna, detto “Che”. Lui, idealista medico argentino, conosce il carismatico e abile Fidèl Castro e partecipa alla guerra di liberazione contro la dittatura di Batista a Cuba. Il film si chiude con la presa del potere. Il tentativo del regista è ambizioso. Egli vuole porsi criticamente il perché del mito del Che. Com’è possibile che un rivoluzionario comunista “perdente” sia diventata un’icona universale? Com’è che è diventato parte integrante della memoria storica del 900, incarnando una pura immagine romantica? Il film s’ispira, come soggetto di partenza, alle memorie del Che. Bisogna dire che si trata di un testo piuttosto particolare: non vuole “dimostrare” nessuna verità, non vuole difendere nessun particolare operato, come spesso capita nei memoriali. In realtà, più che a un testo della letteratura politica del 900, fanno pensare ad un testo di edificazione spirituale del 500 spagnolo, in cui, al posto della materia religiosa, c’è una ricognizione molto personale del marxismo, da lui inteso quasi come un piano di salvezza dell’umanità, a cui si sente di aderire come una scelta di vita: innanzitutto la sua. Sembrerà paradossale, ma è questa la forza dell’idealismo di questo non controverso personaggio. Il Che è un mistero, ma non sul piano politico. Nel film, anzi, è ricostruito molto bene, in modi apparentemente “laterali” rispetto al fluire dell’azione, il suo incontro con Fidèl, felicissimo sul piano personale, ma pure la sua strenua diversità da lui.  Castro è un geniale stratega militare, ma anche un politico molto accorto che mette insieme con una visione ampia delle alleanze il Fronte che lo porterà alla vittoria; mentre il Che è un eccellente combattente sul campo, un trascinatore magnetico ed entusiasta, e perfino un buon mediatore, ma esprime delle forzature ideologiche, di tipo internazionalista. Nel film, Castro, che sa mettere l’uomo giusto al posto gusto, talvolta sposta il Che, ponendolo in posti dove le sue qualità possano rifulgere, e i suoi limiti essere meno evidenti. La sceneggiatura, di Peter Buchman, rielabora e dà vita agli aspetti personali del Che in una dialettica politica molto vivace e attenta, benché sottotraccia. Ed è la qualità più stringente di questa parte. E’ un riuscito spettacolo, per vivacità e concretezza dei suoi ritmi, delle sue ricostruzioni; e coglie l’umanità e la semplicità antieroica di Guevara, grazie a un sublime Benicio del Toro, interprete e produttore. Particolarmente felice, quasi brechtiana, è l’idea dell’uso quasi televisivo, in montaggio parallelo, della missione del Che all’Onu nel 64.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>