Un militare napoletano, Salvatore, impegnato in una qualche missione di pace all’estero, per salvare una donna del posto in attesa di un figlio da un militare disperso, che altrimenti sarebbe condannata a morte dalle usanze del paese, la deve portare come sposa in patria. Solo che lui è già fidanzato. Eduardo Tartaglia è un serio professionista del teatro. Solidamente ancorato alle tradizioni partenopee, cerca nuove strade in cui coniugare spettacolo brillante, solida scrittura teatrale e spunti che riflettano sulla realtà cui appartiene. Per quanto egli dia vita, qui e in “Il mare non c’è paragone” (01), ad un personaggio un po’ sfigato di fronte a situazioni non del tutto positive, non è un clone di Massimo Troisi. Il suo taglio interpretativo non si limita all’introspezione di un’unica tipologia di personaggio, ma lo vede in grado di accogliere in sé dei cambiamenti, in vicende piuttosto articolate insieme a numerosi comprimari, in mezzo ai quali si sottrae, ne costruisce i personaggi, concedendo a loro molto spazio. E i meccanismi messi in moto, che hanno la struttura esteriore di farse teatrali tradizionali, non partono dal cabaret. Ma egli porta questo stile espressivo, in modalità eleganti, tali da divertire, senza cadere nel banale o nel trito. In questo film, ad esempio, per quanto ve ne siano, non indugia troppo su singole battute che spezzano e variano la tensione o su “siparietti” di duetti , ma preferisce dare attenzione allo sviluppo complessivo della vicenda. E’ da questa che fa scaturire le situazioni comiche, sottolineando i paradossi inerenti alla situazione che ha saputo costruire, che ci appare, nella concatenazione di effetti offertaci, perfettamente plausibile. Anzi, riesce a trasferirvi non poche occasioni di approfondimento e perfino spunti di riflessione sociale. Mi sembra, comunque, che qui il suo riferimento sia anche a Goldoni e a Pirandello. Dopo un avvio non del tutto felice, appena l’inghippo con la promessa sposa e la sua famiglia prende piede, matura il conflitto della “convivenza forzata” tra la mediorientale di conturbante bellezza e la promessa sposa: ed è il cuore della rappresentazione che cattura e diverte, grazie anche alla bravura degli interpreti. Tra questi spicca V.Mazza, che è la vera protagonista: la sua è una performance travolgente. Il finale che scaturisce è un inno alla comprensione, al rispetto e alla tolleranza reciproca ed è, grazie all’entusiasmo e alla credibilità che ci trasmette, perfettamente riuscito. Dal punto di vista cinematografico, il regista ha saputo raccordare “furbamente” i tempi teatrali a quelli del montaggio.