Benedetto XVI, questa mattina, in piazza San Pietro, presenti circa 40mila persone ha dedicato la catechesi del mercoledì ai santi Cirillo e Metodio compatroni di Europa,fratelli di sanguie e di fede che si distinsero come apostoli degli slavi.
Si deve, infatti, a costoro l’ alfabeto gligolitico successivamente designato con il nome di alfabeto cirillico. I due fratelli di origine greca “erano convinti – ha ricordato il Papa – che i singoli popoli non potessero ritenere di aver ricevuto pienamente la Rivelazione finché non l’avessero udita nella propria lingua e letta nei caratteri propri del loro alfabeto”
Cirillo, primo di sette figli e suo fratello Metodio, figli di Leone, magistrato imperiale, ricevettero una ottima educazione. Cirillo, compagno di studi del giovane imperatore Michele III, rifiutò onori, l’insegnamento, un brillante matrimonio e volle ricevere gli ordini sacri. Anche il fratello abbandonò la carriera amministrativa in Macedonia e si ritirò a vita monastica, assumendo il nome di Metodio, sul monte Olimpo in Bitinia dove fu seguito dal fratello Cirillo.
Dopo alcune missioni svolte per conto del governo imperiale di Costantinopoli “i due fratelli – ha detto Benedetto XVI – furono inviati in Moravia dall’imperatore Michele III, al quale il principe moravo Ratislao aveva rivolto una precisa richiesta: “Il nostro popolo – gli aveva detto – da quando ha respinto il paganesimo, osserva la legge cristiana, però non abbiamo un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua”.
La missione ebbe ben presto un successo insolito. Traducendo la liturgia nella lingua slava, i due fratelli guadagnarono una grande simpatia presso il popolo.”
E’ l’inizio dell’avventura apostolica che, fra alterne vicende, anche difficili, segnerà la presenza dei due fratelli tra gli slavi. Ciò che rimane come atto di assoluto valore è il lavoro che avviarono e che poi sarà proseguito dai loro discepoli: il “progetto – ha spiegato Papa Benedetto – di raccogliere i dogmi cristiani in libri scritti in lingua slava”.
In effetti, Cirillo e Metodio furono gli iniziatori di un metodo che oggi si indica col termine inculturazione: ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato e manifestare la verità salvifica con il proprio linguaggio. Questo suppone un lavoro di traduzione molto accurato, perché richiede la ricerca di termini adeguati a riproporre, senza tradirla, la ricchezza della Parola rivelata. “Di ciò i due santi fratelli – ha concluso il Papa – hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa, alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione ed orientamento”.
Cirillo si ammalò gravemente e morì a Roma il 14 febbraio dell’ 869.
Metodio creato Vescovo continuò l’opera del fratello per lo sviluppo culturale, nazionale e religioso dei popoli slavi. E ciò veniva ufficialmente riconosciuto già da papa Pio XI con la Lettera apostolica Quod Ssnctum Cyrillum, nella quale qualificava i due fratelli:“ figli dell’Oriente, di patria bizantini, d’origine greci, per missione romani, per i frutti apostolici slavi”.
Il ruolo storico da essi svolto è stato poi ufficialmente proclamato dal Papa Giovanni Paolo II che, con la Lettera apostolica Egregiae virtutis viri, li ha dichiarati compatroni d’Europa insieme con san Benedetto.