La vicenda dell’infinita emergenza della munnezza nella zona a ridosso di Acerra, in una documentazione dal basso, che dà voce a coloro che stanno subendo il disastro ambientale più da vicino: agricoltori e pastori. E’ un film-documentario assolutamente realistico. Il suo effetto è impressionante, a tratti allucinante. I tre giovani registi-sceneggiatori (Calabria è anche montatrice) hanno semplicemente posto lo sguardo su una realtà esistente, senza nemmeno calcare o enfatizzare quanto è sotto gli occhi di tutti. L’attenzione è praticamente sul solo territorio di Acerra, ma è un microcosmo che dà risposta a tutti i quesiti. Il problema non è il no acritico e la resistenza collettiva alla presenza di discariche, ma l’elementare considerazione che, se non si affronta seriamente la bonifica e la messa in sicurezza delle vecchie discariche, si sommeranno vecchie a nuove inadempienze, con la possibilità non remota che, nella totale assenza di controlli, si continuerà a scaricare veleni vietati. Tutto il territorio è già diventato lo sversatoio (ad opera certamente della camorra, ma con la complicità di politici e amministratori locali) delle scorie prodotte da fabbriche anche del nord, che a prezzi stracciati se ne sono liberati, facendo a meno di trattamenti sicuramente più costosi. Il film procede illustrando dal vivo la morte di agnelli e pecore che ingeriscono l’erba avvelenata dalla diossina. Lo fa senza alcun effetto particolare di montaggio volto a commuoverci, ma in controcanto con i commenti, ormai fatalisticamente abituati, dei pastori. Essi danno vita al mesto rituale collettivo, insieme alle autorità sanitarie, dell’allontanamento di pecore e agnelli condannati, che vengono istradati all’eliminazione controllata. La regia ci mostra quest’avvenimento come se fosse ordinaria pratica. Ma non lo è. E nemmeno i pastori ci credono: è il sintomo di una situazione gravissima. Ad un intero territorio si nega il futuro, perché l’inquinamento ha toccato le stesse radici della terra. E’ una dimensione profondamente apocalittica che il film ci restituisce con una drammaticità intensa, ma silenziosa, non gridata. Affidata alla semplice umanità di persone che vedono impotenti come la trasformazione portata dagli uomini abbia distrutto ciò che le passate generazioni e loro stessi avevano saputo realizzare in sintonia con l’ambiente, senza violentarlo o deturparlo. Ciò non ci è comunicato con delle “tirate” ecologiche, ma con l’impatto devastante della realtà, fotografata con rigore e senso profondo e umile di partecipata denuncia.