Pasto nudo
di William S. Burroughs, Adelphi, milano, 10 euro.
Burroughs, come disse Norman Mailer, è stato un vero e proprio genio della letteratura. Ha distrutto il linguaggio, lo ha violentato, ne ha esplorato tutte le strutture corrodendole, si è messo alla ricerca di nuovi strumenti espressivi per raccontare una realtà in continua trasformazione, in continuo divenire, un mondo di cui è impossibile cogliere l’essenza se non vivendolo in tutta la sua pienezza, in tutte le sue contraddizioni. L’autore americano si avventura nel mondo degli emarginati, dei tossici, di cui egli stesso faceva parte. Si mette a nudo, scoprendo le sue paranoie, le sue ansie, la sua percezione delle cose alterata dall’uso massiccio di ogni genere di droga, i suoi viaggi in realtà parallele. Questo romanzo, dunque, può essere tranquillamente inscritto nella cultura della cosiddetta beat generation, coi cui maggiori esponenti Burroughs ha avuto profondi rapporti di amicizia, ma questa affermazione non deve suonare come una definizione limitante, perchè illimitato è il genio artistico di questo scrittore, illimitata è la materia trattata.