Ho avuto il piacere di conoscere Roberto Saviano. L’ho visto da vicino, quando era ancora una persona "accessibile". Avevo scelto di seguire dei seminari sulla camorra organizzati dall’associazione Contracamorra. Uno di questi seminari aveva come relatore proprio Saviano, che all’epoca non avevo mai sentito nominare e non credo che fossi l’unico. Si trattava del periodo immediatamente precedente l’uscita di Gomorra e ricordo che lui ci lesse qualche passo. Non era ancora definitivo: ricordo che lesse alcune pagine fotocopiate. Mi parve subito un libro interessante e decisi che lo avrei letto. Fui colpito dalla sua straordinaria conoscenza del fenomeno camorra, dalle sue esperienze sul campo. E mi piaceva il suo modo di parlare. Non credo si rendesse conto totalmente di quello che stesse facendo, almeno questa fu la mia impressione. Credo fosse talmente interessato a ciò che scrivesse da non avere il tempo di pensare alle conseguenze. Anche perché, e questa non è un’impressione ma ricordo che lo disse lui stesso, la sua non voleva essere un’inchiesta a vasto raggio sulla camorra, nonostante avesse tutte le capacità per farla. Il suo obiettivo non era questo. Disse chiaramente che si trattava di un’opera nata per far conoscere alla massa un mondo fatto non soli di morti, ma anche di affari economici e imprenditoriali. Per far sì che ci si rendesse conto che la frase più abusata dai napoletani – "tanto finchè si uccidono fra di loro è tutto appost’" – non aveva senso. Non poteva avere senso. E’ riuscito nel suo obiettivo. Quando il nemico ti costringe a vivere nell’ombra vuol dire che ha paura. Basta farsi un giro per i vicoli di Napoli, dove si vendono copie tarocche di Gomorra. Tarocche non solo perché costano meno, ma perché il contenuto è diverso. Molte figure camorriste descritte sono state completamente modificate. Non si è mai vista una cosa del genere: la camorra che tarocca un libro. Non credo che Saviano sia un eroe, in fondo ha semplicemente scritto un libro, seppur straordinario e dirompente negli effetti. Ma ha sicuramente fatto qualcosa di importante, anche se ora non tutti glielo riconoscono, addirittura in molti lo criticano perché è superprotetto. Come se le minacce non fossero reali. La sua colpa? Essere una star. Non è un caso se l’invidia è uno dei sette peccati capitali.