Il percorso nella Napoli del mistero continua. Questa volta ci porta nei luoghi vicini al porto, piccoli formicai di leggende che raccontano storie singolari come quella di Niccolò Pesce. Questi era un giovane pescatore chiamato Colapesce per le sue straordinarie abilità natatorie. Amava molto il mare e vi passava la maggior parte del suo tempo, fin quando un giorno la madre disperata gli gettò una vera e propria maledizione: «che tu possa diventare pesce!». E così accadde, secondo la leggenda. Il ragazzo metà uomo e metà pesce aveva squame, dita palmate e branchie e amava gettarsi in mare e andare alla scoperta dei suoi fondali facendosi inghiottire da un pesce, per poi tagliargli il ventre ogni volta che aveva raggiunto la sua meta. Un giorno il re di Napoli, curioso di scoprire che cosa nascondevano i fondali marini, gli chiese di esplorarli alla ricerca di tesori e gemme preziose. Purtroppo l’ultima di queste imprese che il re di Napoli commissionò al giovane Niccolò non andò a buon fine e gli fu fatale. Il re, volendo conoscere fin dove le potenzialità del ragazzo arrivassero, gli chiese di inseguire una palla di cannone sparata dal faro di Messina. Purtroppo Niccolò non riuscì più a tornare indietro: alzò il capo tentando di risalire in superficie ma sopra di sé non vide altro che acque ferme e tese. Si accorse improvvisamente di trovarsi in uno spazio vuoto, silenzioso, dove non c’era più nulla, nemmeno più acqua. Qui restò intrappolato e terminò la sua vita. Camminando lungo via Mezzoccanone possiamo notare un bassorilievo sulla facciata di un palazzo raffigurante un uomo barbuto, peloso, con un piccone in mano (lo stesso che Niccolò utilizzava per tagliare il ventre dei pesci malcapitati). Questa scultura sembra raffigurare proprio Colapesce. Leggenda vuole che il suo spirito si materializzi ogni qualvolta il mare è in tempesta, in particolar modo nella zona di Sedile di Porto, una delle tante stradine che attraversano Mezzocannone.