Aperta al pubblico nel pomeriggio del 21 aprile, presso il Complesso monumentale di San Severo al Pendino a Napoli, la mostra d’arte moderna “Uait” (italianizzando il termine inglese <<white>>, bianco appunto) dedicata agli “oggetti pensanti” di Giuseppe Piscopo.
Con il patrocinio dell’assessorato alla cultura del Comune di Napoli, questa esposizione di oggetti di carta potrà essere visitata fino al 7 maggio, all’interno della Cappella del complesso sito in via Duomo.
L’artista – vignettista attivo e già autore di numerose mostre, nonché vincitore di diversi concorsi artistici – ha allestito stavolta un’esposizione di cose di tutti i giorni, che esprime l’essenza degli oggetti così come li vediamo, rigorosamente bianchi, ma nel loro significato duplice. Ogni oggetto esposto è infatti connesso con immagini retoriche, metafore della realtà che stiamo vivendo oggi.
Lo stomaco, realizzato in ferro secondo la tecnica di Rino Sorrentino – artista con cui Piscopo ha voluto instaurare un singolare connubio, carta-ferro appunto – esprime simbolicamente quanto c’è di superfluo, quanto viene di conseguenza rimesso, nel rigurgito definito qui come “vomito volgare”.
Le balle di carta di vario colore non sono lì sul pavimento della chiesa solo per caso. Ogni cosa ha un senso e sta lì secondo un criterio ben preciso; così anche le pallottole di carta bianca, accostate alla macchina da scrivere di carta pesta, bianca. Il foglio strappato via mentre si scrive, ciò che viene rigettato. Anche qui immagini simboliche della realtà: il rifiuto. Quello che viene comunemente inteso come scarto, quando si pensa alla carta o al cartone, viene invece rivalutato facendone riemergere la sua duttilità ed espressività.
C’è addirittura un richiamo alla tradizione napoletana di Miseria e nobiltà, alla celebre scena degli spaghetti di Totò rivissuta con un fermo immagine in bianco e nero, con gli spaghetti e il piatto rimessi in scena nella loro staticità della ricostruzione cartacea.
Tante sono state le mostre allestite in passato dall’artista napoletano, da Napoli a Milano a San Benedetto del Tronto. Sempre con l’allegoria a dominare la scena, come rappresentazione della realtà contemporanea. La ruota che gira con pezzi di bianco dipinti a mo’ di Vesuvio sostanzialmente sta a dirci che Napoli, come la giri la giri, sta sempre lì, con i suoi problemi e le sue stranezze. E’ il principale elemento che rimanda alla nostra quotidianità.
Non sono mancate poi le rappresentazioni in chiave critica di due gravi piaghe della società attuale. Con l’ombrello rovesciato sulla punta del distributore d’acqua viene offerta una lettura scettica e pessimistica della privatizzazione delle risorse idriche. A cosa servirà infatti l’ombrello quando l’acqua non farà più il suo regolare corso?
La canotta macchiata di sangue, un vistoso filo rosso che pende, sta invece a richiamare l’attenzione sul fenomeno triste e quanto mai attuale delle morti bianche sul lavoro.
Unione di stili con un messaggio chiaro che emerge quindi dall’evento, per riflettere sulla diatriba eterna fra apparenza ed essenza, cosa mantenere e cosa rigettare.