Open, edito da Einaudi, è l’autobiografia di un grande tennista ritiratosi da poco dai campi di terra battuta: Andre Agassi. Sportivo simbolo degli anni ’90 entrato nell’immaginario di milioni di persone come figura di eclettico campione. Il suo non è un libro rivolto ai tifosi o ai maniaci del tennis: non contiene dotte analisi sullo sport con la racchetta e non descrive tattiche o schemi di gioco utilizzando un lessico da addetti ai lavori. Al contrario, è un libro in cui tutti possono riconoscersi e trovare spunti interessanti, pieno di riflessioni sulle tante contraddizioni disseminate nelle nostre vite. E soprattutto non somiglia alle tante autobiografie di sportivi che celano la mano di un ghost writer.
La storia comincia dalla fine. Siamo agli US Open del 2006, Agassi contro Marcos Baghdatis, match che potrebbe essere l’ultimo della sua carriera. Da questo racconto si dipana il filo dei ricordi: parte dal rapporto col padre, suo primo allenatore, passando per i suoi due matrimoni, quello frettoloso con Brooke Shields e quello con Steffi Graf, suo grande amore e madre dei suoi figli, senza dimenticare gli amici.
Come tanti professionisti dello sport, anche Agassi ha iniziato prestissimo, praticamente costretto da un padre-tiranno che aveva già scelto il suo destino: numero uno del tennis mondiale, a tutti i costi. Durante una partita di ping-pong, il padre Mike si accorge che il suo bambino segue la palla muovendo solamente gli occhi, senza il minimo movimento della testa. Qualcosa scatta in lui. È consapevole del talento del figlio, ma sa che il talento da solo non basta, è necessaria la fatica, la disciplina e la dedizione per essere i primi al mondo. Così la vita della famiglia Agassi comincia a scorrere in funzione di quest’obiettivo. Perfino la scelta dell’abitazione ha un ruolo chiave: la casa deve avere lo spazio necessario per costruirci un campo da tennis in cui allenare Andre. Quel campo, costruito metro per metro dal padre, diventerà la sua prigione. <<Papà dice che se colpisco 2500 palle al giorno, ne colpirò 17.500 alla settimana e quasi un milione in un anno. Crede nella matematica. I numeri, dice, non mentono. Un bambino che colpisce un milione di palle all’anno sarà imbattibile.>> Queste poche righe sono emblematiche e non richiedono ulteriori spiegazioni. C’è però una contraddizione che Agassi mette subito in chiaro: << Gioco a tennis per vivere, anche se odio il tennis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato>>. Questa confessione, fatta quasi in apertura, costituisce il filo conduttore dell’odissea di un professionista in grado di vincere 896 match in carriera, 60 tornei ATP, 8 Slam. Unico giocatore nella storia a vincere i quattro più importanti tornei dello Slam, la medaglia d’oro alle Olimpiadi, il torneo ATP World Championship e la Coppa Davis. Insomma, non uno qualunque.
La disciplina ferrea che il padre gli impone, fatta di allenamenti interminabili contro il “drago” sparapalle, da un lato fa crescere nel giovane Andre l’odio per il tennis, e dall’altro lo rende una macchina che a 9 anni non solo non ha ancora perso un match, ma riesce a battere senza difficoltà l’incredulo ex campione di football americano Jim Brown, incontrato per caso in un campo d’allenamento. Il racconto procede con precisione, apparendo di una sincerità disarmante. E’ come se tutta la verità che Agassi ha tenuto per sé in anni di interviste preconfezionate, in cui raccontava solo ciò che i giornalisti volevano sentirsi dire, sia stata riversata in queste pagine come una liberazione.
Il tennista di Las Vegas ripercorre – aiutato dal Pulitzer J. R. Moehringer, verso il quale ha un debito di riconoscenza – numerosi match della sua carriera, ricordando soprattutto le interminabili sfide con la storica nemesi Pete Sampras. Di ogni avversario Andre porta con sé un ricordo, il dolore di una sconfitta, la fatica per la conquista di un punto o un particolare stato d’animo. Si percepisce la grande pressione alla quale si sente sottoposto e la solitudine di uno sport in cui due atleti si sfidano, restando per ore in un rettangolo di gioco, soli con i propri pensieri.
Molto sentite ed emozionanti le pagine dedicate a Gil e Brad, preparatore atletico il primo e coach il secondo, due figure di cruciale importanza sia da un punto di vista sportivo che umano per Agassi. Rovinose cadute ed entusiasmanti risalite hanno caratterizzato sia la vita che la carriera di questo campione insicuro e generoso, che ora dedica gran parte del suo tempo all’altro suo grande progetto: l’Andre Agassi College Preparatory Academy, una scuola per preparare i ragazzi di strada all’università. Andre ha realizzato, con l’aiuto di amici, un campus da 40 milioni di dollari in un uno dei quartieri più poveri e difficili di Las Vegas, dando la possibilità ai bambini del quartiere di ricevere un’istruzione qualitativamente elevata in grado di condurli fino all’università.
In definitiva, questa autobiografia suscita curiosità ed empatia perché mette a nudo le incertezze e le contraddizioni di uno dei più grandi tennisti di sempre, mostrandoci da vicino l’uomo che per tanti anni si è nascosto dietro l’atleta.