Marta, laureata in Filosofia con lode, in attesa di sistemazioni più consone, entra a lavorare in un call center. Tutto un altro mondo le si dispiegherà davanti. Virzì, anche sceneggiatore insieme all’habitué, l’ottimo Bruni, si rifà con assoluta esemplarità alla “vecchia” classica Commedia all’Italiana, riscoprendone tutta la freschezza e la capacità di guardare con attenzione alla società. Al contempo, però, la innova perché non si limita a descrivere la complessità degli attuali rapporti sociali, ma accompagna tale studio con un’adeguata attenzione anche alle dimensioni umane. I suoi personaggi non sono delle macchiette sociologiche, ma sono osservati con un senso narrativo che coglie diversità di dinamiche comportamentali, sia singolarmente che collettivamente. Perciò così spesso il tragico e il grottesco sono così bene e indissolubilmente connessi. Qui, ad esempio, nella felice rappresentazione corale dell’atmosfera lavorativa del call-center, si passa dal clima di uno spettacolo tv in diretta a forme di bestiale sfruttamento, con ritmi di lavoro terrificanti. Il non riuscire a sostenerli è occasione di brutale mobbing pubblico, accettato dalle ragazze (ed è questo il vero dramma), come se fosse “normale” e parte dello “spettacolo”. L’ideologia inumana del lavoro precario viene così presentata come un’attivazione da reality show. Manuela guarda dal didentro una realtà che non esiste sui libri e tra i suoi colleghi: anzi, coloro che hanno lasciato gli studi hanno spesso trovato lavori in settori alla moda, meglio remunerati. Ma sono degli snob che hanno “tradito” la Filosofia. Lei invece la utilizza per affrontare l’esistenza, i suoi ritmi vitali, e non farsi travolgere dalle avversità sia lavorative che sentimentali. Come la piccola “Caterina” dell’altro capolavoro di Virzì, è una ragazza saggia, onesta ed energica, che soffre, ma accoglie e fa proprio lucidamente il senso profondo del conflitto, lo supera e cresce. Anzi, c’è la pagina dei rapporti col sindacalista sfigato che è un gioiello di sceneggiatura. Per quanto idealizzato, egli non è posto su nessun piedistallo, sia perché è messa in luce l’enorme difficoltà, che gli si ritorce contro, nel dare tutela sindacale, sia perché è anche un impunito tombeur de femmes, piuttosto cinico. Molto ben curate le figure di contorno: la giovane, indifesa e fragile madre e la sua deliziosa bambina, incantata dal Mito della Caverna; la vecchietta amorevole che chiama da lontano, ecc…