Gli spagnoli ci assomigliano molto. Hanno vinto i Mondiali in Sudafrica con una squadra di fenomeni, come quella del nostro glorioso Mundial 1982. Sono socievoli, mediterranei ed accoglienti. Inoltre, nota dolens, dal punto di vista economico, stanno navigando in acque agitate proprio come noi italiani. Crisi per noi, crisis per loro. Così, per affrontare al meglio i tempi di magra, e combattere la piaga della disoccupazione, i giovani iberici hanno da insegnarci un modello socio economico, derivante dalla filosofia né- né: né ci si lamenta, né ci si dà per vinti (letteralmente ni se quejan, ni tiran la toalla). Il concetto consiste nel non soccombere alla vita precaria e al lavoro a singhiozzo, adeguandosi, spesso con fantasia, alla mancanza cronica del posto fisso. Ecco dunque che ci si può sempre re-inventare imprenditori di se stessi, attuando le cosiddette 3F (mutuate dal sistema americano): family, friends, and fools, ovverosia famiglia, amici, e persone un po’ folli, come potenziali alleati per un business destinato al successo.
La spiegazione è tanto semplice quanto ingegnosa: se le banche hanno chiuso i rubinetti di credito, se le aziende non assumono più, non rimane che darsi all’imprenditoria e diventare dei self-made-man, ma con l’aiuto di mamma e papà, qualche amico, ed un tocco di vida loca. Nel solo luglio scorso in Spagna sono state create 6683 imprese private, delle quali 1185 si sono sciolte nel giro di 31 giorni: non è affatto semplice inventarsi imprenditori, come ricorda Jordi Vinaixa, direttore dell’Istituto di Iniziativa Imprenditoriale Spagnola.
C’è bisogno di lavorare sodo, saper reagire, ed attivare tutta la propria creatività. Come ha fatto Jorge Sierra (28 anni): appena laureato in giornalismo credeva di poter lavorare in un giornale. Dopo un po’ di gavetta si rende conto che le cose non funzionano come nei sogni universitari. Un giorno si imbatte in una pagina web americana di pallacanestro femminile e si rende conto che chi ci lavora guadagna abbastanza bene. Detto fatto, decide di creare qualcosa di simile: oggi la sua “HoopsHype” è una delle testate web di basket più visitate al mondo. Inés Piquera (33anni) si era laureata in Belle Arti; dopo un periodo di studio in Grecia, torna in terra iberica e mette a frutto la sua conoscenza di arte ellenica in chiave modaiola: inizia realizzando gioielli in argento da vendere a feste medievali ed oggi ha una piccola impresa con sede fisica a Requena, sua città natale. È in contatto costante con un’amica greca che la aiuta nell’import dell’argento etnico.
Storie diverse, dalle quali però potrebbe prender spunto la gioventù nostrana, perché l’internazionalizzazione del lavoro è già uno schiaffo alla crisi.