Nel ripercorrere le tappe di formazione di un sistema patriarcale fondato sulla sovrapposizione tra il “biologico” e il “culturale”, Francesca Sartori spiega quella sorta di naturalizzazione della disuguaglianza tra uomo e donna, come qualcosa, cioè, di biologicamente provato e perciò tale da giustificare un ordine gerarchico in cui l’individuo maschile è il soggetto universale con cui tutto viene misurato, con la donna che è “altra” rispetto all’uomo: inferiore, subalterna, passiva.
Di qui un sex-gender system che ingloba tutti gli ambiti esistenziali.
Ma in occidente, vere e proprie rivoluzioni della sessualità hanno fatto si che le rappresentazioni del genere siano divenute sempre meno fisse e rigide.
Si dovrà e potrà, allora, parlare di “generi” non solo in senso duale, bensì come molteplicità di combinazioni. Ma sino ad allora, resta il fatto che il genere è comunque un concetto “istituzionale” fondamentale per comprendere la società. Perciò l’autrice analizza, proprio nella prospettiva di genere, aree tematiche fondamentali quali: l’evoluzione dei movimenti femminili, le differenti rivendicazioni, le diverse conquiste di diritti civili e sociali; i progressi, ma anche gli ostacoli, che caratterizzano la presenza della donna nel mondo dell’istruzione; la differenziazione quali-quantitativa nel mondo del lavoro e la segregazione orizzontale e verticale; la permanenza di modelli familiari tradizionali che convivono con nuove interpretazioni dei ruoli; la ridotta rappresentanza politica femminile contrapposta all’importanza della partecipazione delle donne all’amministrazione della cosa pubblica.
In conclusione, saranno proprio quelle analizzate dall’autrice le chiavi del mutamento: la diversificazione e l’ulteriore evoluzione delle idee e dei movimenti femministi; l’istruzione e il lavoro come strumenti primari di identità; la famiglia come luogo di generazione delle disuguaglianze ed un crescente ruolo delle donne in politica come grimaldello per intervenire su tutte le precedenti dimensioni di analisi.