Militanza filosofica, filosofia seminata sono queste le espressioni che identificano la l’educazione filosofica praticata dal professor Riccardo De Biase, ricercatore presso la Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Due lauree, studioso di filosofia tedesca, classica e contemporanea, del problema della fondazione della scienza biologica attraverso la definizione di una idea di vita connessa alla storicità, membro del collegio del dottorato in bioetica, De Biase citando Erick Erickosn, il quale afferma che si è uomini quando si significa in ogni momento quel che si è, porta avanti un’idea di filosofia che prova a rispondere ad esigenze pratiche senza perdere la sua natura speculativa. Tutto ciò avviene anche grazie ad un ciclo di incontri che da due anni si svolge nella sede dell’Associazione Culturale Megaride Eventi Club, Interludi da Camera, performances di filosofia e di arti varie, in via Santa Lucia 110. I reading organizzati con il collega Rosario Diana avranno inizio domani, 4 ottobre 2013,ore 21, con l’appuntamento musicale l’Elogio della filosofia, encomio degli effetti benefici di una filosofia tesa a praticare il rispetto dell’altro. Il prossimo appuntamento, Fioriture dal silenzio, è previsto per il 17 ottobre e sarà dedicato al silenzio, condizione imprescindibile affinché qualcosa accada. Vivere la filosofia è possibile, ecco come.
Cos’è la filosofia oggi?
«E’ un animale multiforme per definizione ma nel mio ultimo libro, Le cose della vita. Saggio su essere e tempo, scrivo nella prefazione che se la filosofia non è un “generare generosamente” io no so cosa farne. Una filosofia che non si ponga come obiettivo quello della generazione di altro da sé a cui trasmettere il proprio Dna è inutile. La Filosofia deve essere affascinate altrimenti non può generare».
A proposito di generare, la vera sfida della filosofia attuale potrebbe essere in relazione al rapporto tra i popoli del Mediterraneo?
«Sì se intendiamo ancora la Filosofia in quanto traduttrice di elementi di interculturalità. La Filosofia ha in sé la caratteristica di dialogare al di là delle barriere culturali. Deve fare uno sforzo non tanto di tipo logo centrico, oggi troppa comunicazione è sinonimo di nessuna comunicazione, ma audio centrico. Nella scala di valori al primo posto dovrebbe esserci l’ascolto. Siamo abituati a non ascoltare e a non ascoltarci. Bisogna apprendere le culture altrui, essere umili. La Filosofia occidentale ha molti secoli di tradizione alle spalle ma questa autorevolezza occorre metterla in discussione quando si dialoga con culture che hanno meno storia. Peraltro il fatto che abbiano meno storia presuppone che abbiano più futuro. A Napoli è già ben strutturata una linea di ricerca di interculturalità ma i risultati restano chiusi nelle aule universitarie e non svolgono una funzione di comprensione nei confronti dell’ Oriente o delle sponde del Mediterraneo. Quando arrivano le ondate migratorie, quel che arriva non sono solo uomini ma anche storia e cultura che noi, volenti o nolenti, dobbiamo comprendere. Se la Filosofia sarà in grado di rendersi sponda di queste istanze, sarà possibile istituire qualcosa che sia più di un convegno».
Eppure lei con i suoi reading filosofici ha già portato la Filosofia al di fuori dalle aule universitarie
«E’ così. Con Rosario Diana del CNR organizziamo da due anni reading di filosofia che definiamo interludi da camera dove proviamo con umiltà a parlare di filosofia in ambienti che normalmente praticano altri linguaggi. Due anni fa, durante l’occupazione, i docenti facevano lezione in strada. Queste cose andrebbero fatte sempre. Nei reading cerchiamo di capire cosa si aspetta da noi chi ci ascolta, senza perdere la nostra identità di studiosi. All’inizio dei nostri incontri la platea era composta da professionisti, adulti. Adesso i giovani sono in maggioranza. E’ più stimolante avere a che fare con chi ha molto futuro davanti».
Dunque, qual è il futuro della filosofia occidentale?
«Calarsi il più possibile nella realtà, senza perdere i propri connotati, raccogliere le dimensioni della cultura contemporanea, della scienza, della religione. Deve lasciarsi alle spalle il ruolo di direttore d’orchestra ed essere uno strumento dell’orchestra. Gli storici parleranno di questo periodo come di un Medioevo. Non abbiamo più punti di riferimento dall’editto di Nietzsche sulla morte di Dio. Crediamo di aver trovato nella tecnologia il nuovo punto di riferimento ma la bussola è altrove, non è nel web. La filosofia deve operare e guardare più lontano. Un esempio pratico? Gli stipendi che si danno ai formatori devono essere invertiti. I formatori dei bambini devono essere pagati come gli ordinari universitari e viceversa. Quel giorno sarà un bel giorno perché si capirà che il futuro si gioca tutto lì».