Una madre, un padre. Una figlia, poi un figlio. Poi dei litigi, un divorzio e una compagna per il padre. Una sorella. Un nuovo compagno per la madre, un’altra sorella ancora. Altri litigi, botte e aggressioni reciproche. Un’altra separazione. Un ultimo compagno, con dei figli. Un ragazzino incompreso in famiglia, sensibile, immaturo, affettuoso, svogliato e irresponsabile. Va male a scuola, non gli piace studiare. Vuole solo divertirsi, guadagnare qualcosina lavorando nell’animazione, stare con gli amici, proteggerli. Salvaguardare i suoi affetti. Intervenire nelle situazioni difficili (per gli altri) e chiarire i problemi (anche quelli più stupidi) qualora ve ne fossero. Se non va a fare le feste, lavora in un negozio… sgobbando. Il padre può, ma non vuole dargli un lavoro: teme di fare figuracce. La madre se ne frega. Ha il suo compagno, sua figlia maggiore, sua figlia minore e i suoi figli acquisiti. Sua figlia maggiore, appena ventenne, fidanzata con un cinquantenne che poco la considera. E lei non lo porta a casa temendo che la madre possa aver voglia di conquistarlo. Sua figlia minore è acida, odiosa. Già troppo cresciuta. Ma non si sa perchè la sua maggiore fonte di irritazione è il ragazzino. Lo tratta male, gli vieta l’uso un po’ prolungato del telefono e se scopre che sta superando il limite di due minuti gli urla in testa mettendolo in difficoltà con la persona con cui sta parlando. Non gli permette di utilizzare la macchina né per andare a lavoro né per uscire (quelle rare volte) con una ragazza. E’ nervosa, isterica quando si rivolge a lui. Lo picchia. Gli lancia un ombrello in testa, ferendolo. E poi lo sgrida perchè è colpa sua. Lui racconta tutto con totale ingenuità. Un’ingenuità che fa piangere, ma ti trattieni. E fa tenerezza e non sai che dire. Lo vuoi abbracciare, ma forse no. Cerchi di capire. Ti sforzi. Ma ti viene solo voglia di ammazzare i genitori.