L’AMORE NASCOSTO di ALESSANDRO CAPONE ITA-BEL-LUSSEM, 07.
Danielle è in cura psichiatrica a causa del suo disamore per la figlia. Un grave incidente le riavvicinerà. Benché tratto da un densissimo romanzo francese e immerso in atmosfere narrative che poco hanno a che fare con la nostra solarità, è in realtà un film italiano. Forse è per questo che è letteralmente “rotolato” tra i saldi di questa fine stagione cinematografica, due anni dopo la sua produzione. Nonostante alcune pesantezze intellettuali dei dialoghi, prende e appassiona. E, nell’esprimere un livello di sofferenza, sia per la donna che per la figlia, davvero atroce, in un qualche modo lo esorcizza, “aprendoci” ad un finale di ricomposizione degli affetti che è verosimile. Noi assistiamo al “cosa” fa; ma il film saggiamente non ci dice “perché”; anzi, il film evita scrupolosamente ogni tentazione, di stampo salvifico-hollywoodiano, di ricomporre la frattura razionalmente. D’altronde, questo tipo di nevrosi, possono essere inquadrate in modi univoci e clinicamente incontrovertibili? L’odierna psichiatria post-freudiana è poco incline e dare certezze categoriche. E il film si avvantaggia con intelligenza di questo assunto scientifico, perché lascia amplissimo spazio all’interiorizzazione e le variazioni comportamentali dei personaggi. In particolare di I.Huppert, che da sola sostiene magnificamente l’intero film.