«Non c’è posto al mondo in cui le olimpiadi siano più di casa che in Inghilterra» ha dichiarato Antonio Caprarica, noto giornalista, corrispondente da Londra, che lo scorso 18 agosto, nell’ambito della rassegna letteraria organizzata da Angelo Ciaravolo Libri sotto le stelle, nella baia di Seiano, ha presentato il suo nuovo libro Oro, argento e birra. Il volume ripercorre in quattro tappe le tre edizioni olimpiche, 1908, 1948, 2012, che hanno consacrato Londra come capitale mondiale dello sport, strappando l’ambito primato a Parigi. In parte saggio giornalistico corredato da immagini d’epoca, in parte romanzo di vittorie e solidarietà, Oro, argento e birra racconta ai lettori un’umanità straordinaria che ogni quattro anni s’impegna a ridefinire i limiti della propria fisicità, attraverso la recente esperienza di un cronista d’eccezione.
«Ottantamila persone che invitano un essere umano a correre sotto i nove secondi e quaranta. Sono momenti indimenticabili». Oltre ogni retorica, Caprarica sottolinea che lo spirito olimpico non ha mai cessato di pulsare, esaltato da un’organizzazione perfetta ed esemplare che ha consentito alla capitale britannica di ospitare una media di cinque milioni di visitatori al giorno, sfruttando una efficiente rete di servizi pubblici tra i quali spicca un nuovo treno superveloce che collega l’Eurostar alla parte orientale della città. Simbolo del successo londinese è di certo l’eccentrico sindaco Boris Johnson, rieletto lo scorso maggio. Conservatore, esponente dell’upper class britannica, appassionato cultore di letture classiche, Johnson ha commissionato un’ode in versi greci per celebrare i giochi londinesi.
Caprarica ricorda che numerose sono le discipline che, sebbene sorte altrove, sono state regolamentate nel Regno Unito: lo sci ed il polo ad esempio. La regola principale è quella che il mondo ha imparato a conoscere come fair play, alla quale è legato un episodio drammatico. All’inizio dell’800 a Eaton la boxe era uno sport per nobili, praticato a pugni nudi da giovani poco più che adolescenti. Quando durante un incontro, il figlio di lord Shrewsbury muore, l’affranto padre decide di non perseguire legalmente il pugile avversario poiché tutto si era svolto nel rispetto delle regole. Altra storica vicenda, trattata dal giornalista, riguarda Dorando Pietri che durante la maratona del 1908, dopo una gloriosa prestazione, collassa a pochi metri dal traguardo nello stadio di White City. Il cronista di allora, Arthur Conan Doyle, il padre del celeberrimo personaggio Sherlock Holmes, racconta che i giudici aiutarono lo stremato Pietri a tagliare il traguardo per evitare che a vincere l’oro olimpico fosse l’americano Johnny Hayes. All’epoca infatti la rivalità tra britannici e americani era molto accesa, ma questi ultimi fecero ricorso ed ottennero la medaglia. Eccetto gli errori registici della BBC, che durante la cerimonia di chiusura confondeva il Presidente Napolitano con Carraro, il bilancio dei recenti giochi olimpici è più che positivo. L’Inghilterra non ha mai avuto un medagliere più ricco, né un tifo più appassionato. La famiglia reale ha vinto per la prima volta nella sua storia una medaglia grazie all’argento di Zara Phillips, figlia della principessa Anna, ed accresce la sua popolarità beneficiando del coraggio della regina e del sincero interesse mostrato dai giovani Windsor, noti sportivi, verso la manifestazione. La stessa Duchessa di Cambridge, Kate Middleton, era il capitano della squadra di hockey della prestigiosa università di St. Andrews.
Desta non pochi rimpianti la nazionale italiana che trionfa solo negli sport individuali. Antonio Caprarica riflette soprattutto sull’oro nei cinquemila e diecimila metri di atletica leggera, conquistato dal britannico di origine somala Mohamed Farah, classe 1983, giunto in Inghilterra all’età di otto anni, in fuga da Mogadiscio. Un triste monito per lo Stivale in cui vivono ancora troppi italiani senza passaporto.
«Siamo irredimibili? Io vorrei un Paese un po’ più ottimista» ha concluso il giornalista.