Il sacerdozio dei fedeli nel pensiero di Antonio Rosmini Serbati e la cultura filosofico-teologica italiana del XIX secolo
di Antonio Castiglione
Aracne
Roma 2018
pp.554
euro 30,00
ebook euro 18,00
Un libro di Antonio Castiglione pubblicato pochi anni fa dalla casa editrice Aracne è il punto conclusivo di una articolata ricerca, condotta dall’autore con grande serietà scientifica e abnegazione per lo studio nell’arco di tre anni. La ricerca, come si nota anche da un rapido sguardo all’indice da un rapido sguardo all’indice degli argomenti trattati, si presenta ben strutturata, fondata bibliograficamente e ricca dal punto di vista dello studio delle fonti. L’autore ha scelto il pensiero di Antonio Rosmini Serbati (1797-1855) per affrontare una tematica del dibattito teologico contemporaneo molto impegnativa, come può essere la partecipazione attiva del laicato alla vita della chiesa. Intanto il suo approccio, preciso e coerente con il tempo ed il pensiero del Roveretano, lo inducono a parlare di “sacerdozio dei fedeli”, come precisamente recita il titolo di questo libro, tema collocato e studiato giustamente nel più ampio e complesso contesto del secolo XIX in Italia.
Nell’Introduzione Castiglione nota tra l’altro che, nel corso del lavoro, è stata sentita la necessità di procedere dalla elaborazione dell’opera Delle cinque piaghe alla contemporaneità: «La religione – scrive l’autore – non è un semplice messaggio cui credere, ma un’esperienza di fede riproposta come messaggio. Da una parte, il messaggio religioso è espressione di una esperienza collettiva, di un popolo, di un gruppo; dall’altra, il suo annuncio è il presupposto perché risulti sperimentabile anche ad altri. Un’esperienza umana si può chiamare esperienza religiosa se ha in sé quattro tratti: la trascendenza, l’oggettività, l’assiologia e la personalisticità. I tratti sono tutti necessari e interdipendenti».
Il volume è strutturato in tre grosse parti, a loro volta suddivise in due capitoli per un totale di ben fittissime 554 pagine. La prima parte è dedicata al contesto storico-ecclesiale. Il primo passaggio si sofferma a tratteggiare il profilo della personalità e dell’azione di Rosmini nella chiesa e nella società del XIX secolo per poi spostare l’attenzione sulla ricostruzione dei rapporti del Roveretano con la cultura del suo tempo, delineando gli aspetti di fondo che caratterizzano alcune posizioni del pensatore su aspetti peculiari del suo tempo. Tra questi aspetti, un approfondimento specifico della riflessione filosofico-teologico rosminiana concerne la chiarificazione della differenza tra la “religione naturale” e “religione rivelata”. In questa parte, Castiglione segnala anche i vari contatti con gli esponenti della cultura laica e religiosa del tempo, come Gioberti e Manzoni.
La seconda parte è dedicata interamente al principio-persona, che rappresenta il fuoco e l’universo speculativo di Rosmini. Innanzitutto, Castiglione specifica gli elementi centrali del personalismo rosminiano che qualifica il soggetto umano non come individuo soltanto, ma persona proprio con lo scopo di superare i limiti e le chiusure della soggettività moderna. Tuttavia, l’autore si spinge ancora più in profondità per illustrare con più puntuali passaggi e maggiore fondamento la filosofia della persona di Rosmini con interessanti confronti con la recente storia tra ’700 e ’800 e gli aspetti emergenti del dibattito socio-culturali europei più vicini, oppure coevi al Roveretano. In base alle provocazioni del suo tempo, il filosofo-teologo si propone, quindi, di operare una restituzione della dignità dell’uomo-persona. Da qui, l’autore analizza la “restaurazione del concetto di persona” nella più ampia cultura europea da parte del filosofo-teologo di Rovereto. Questo è un obiettivo centrale perseguito in tutto l’arco della vita del Beato, sia sul piano teoretico sia su quello delle realizzazioni concrete, le quali lo videro impegnato in un’intensa attività pratica, che spaziava dalla fondazione di scuole e collegi fino alle molteplici indicazioni che offriva a maestri ed educatori, che si rivolgevano a lui per avere consigli. Infatti, anche in mezzo alle “opere più metafisiche” ricorre sempre “una nota di realtà pratica”, nel senso che, secondo Castiglione, emerge costantemente un’istanza etico-educativa.
A questo punto, dopo una analisi approfondita ed attenta dei grandi temi di discussioni sul piano filosofico-teologico che tenevano impegnati gli intellettuali europei e attraversavano le aule accademiche d’Europa, la trattazione può approdare, in base ai solidi fondamenti preliminarmente ben impiantati anche dal punto di vista storico, a delineare la concezione di Rosmini circa il sacerdozio dei fedeli. La terza parte del libro, in prima istanza, si sofferma a studiare l’unità del sacerdozio comune in Cristo, proponendo un dettagliato approfondimento sulle fonti biblico-patristiche, quale caposaldo necessario per l’ermeneutica del dato storico-salvifico. Successivamente l’autore si sofferma a studiare i sacramenti del battesimo e del matrimonio fino a giungere alla actuosa participartio nella chiesa e nella liturgia. Secondo Castiglione, il Roveretano, che aveva assimilato nelle sue ricerche le risultanze patristiche, fa del sacerdozio dei fedeli il motivo dominante del suo pensiero teologico tenendo strettamente uniti i due aspetti di analisi, quello della vita etico-sacramentale e quello liturgico, elemento di primo piano dell’ecclesiologia e della riflessione teologico pastorale.
Le istanze di Rosmini nel XIX secolo, come quelle del movimento liturgico in particolare nel corso della prima metà del ’900, sono riprese dal Vaticano II e diventano la bussola normativa e teologica del rinnovamento post-conciliare che andava rinnovare la concezione ecclesiologica e a riformare l’intero assetto liturgico del cattolicesimo, nonostante l’opposizione di chi riteneva che tale rinnovamento non rispettasse la genuina tradizione cattolica. Tuttavia, se Paolo VI aveva mantenuto una ferma posizione sulla necessità di una radicale riforma liturgica e sulla graduale sostituzione del Messale di Pio V con quello da lui promulgato nel 1969, Giovanni Paolo II, di fronte a minacce concrete di divisioni e per scongiurare mali più grandi, accorda particolari concessioni per non lasciare i tradizionalisti esclusi dalla comunione ecclesiale. Le loro richieste in un certo senso sono state anche accolte, purché rispettino lo spirito del rinnovamento conciliare, soprattutto a seguito del Motu proprio di Benedetto XVI, Summorum pontificum del 7 luglio 2007.
L’autore di questo saggio ripercorre, quindi, tematiche ancora vive che concernono molto da vicino le istanze filosofico-teologiche di Rosmini. Grazie al suo lavoro scrupoloso e preciso, invita ad ulteriori approfondimenti aprendo effettivamente altre strade individuabili anche attraverso la bibliografia ricca ed aggiornata, che offre generosamente ai lettori e agli studiosi, che intendessero ampliare la conoscenza su specifici aspetti e problemi studiati in questo interessate libro.