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aure e speranze, ultima puntata di un grande successo

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«Siamo in quarantena da oltre 4 mesi, da quando è iniziata l’emergenza coronavirus e mai come in questo momento ci siamo ritrovati così vicini a noi stessi, lontani dal frastuono quotidiano cui eravamo abituati. Questo periodo, nonostante i disagi dovuti all’isolamento, ci sta dando una occasione unica per riflettere sulle nostre vite….» Sulle note di Over the rainbow, a fare da sottofondo al video sul tempo della pandemia creato dai ragazzi di un liceo artistico di Arzano, ha avuto inizio Paure e speranze. La luce della solidarietà nella pandemia, ultima puntata del programma televisivo È scesa la sera? La fede si interroga nella tempesta dell’epidemia, prodotto dalla sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, andata in onda il 17 luglio alle ore 19.15, sull’emittente nazionale Padre Pio TV (canale 145). L’ultima di dieci puntate di grande successo, nate in piena pandemia da coronavirus, all’indomani della preghiera indimenticabile di Papa Francesco del 27 marzo scorso nella piazza deserta di san Pietro. La decima puntata ha visto presenti, oltre agli autori, i teologi Carmine Matarazzo e Michele Giustiniano, l’ex ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini, il direttore della sala stampa di Assisi padre Enzo Fortunato, il direttore del centro studi per l’ecumenismo in Italia Riccardo Burigana, il preside dell’accademia alfonsiana padre Alfonso Amarante, l’inviato RAI Guido Pocobelli Ragosta, il portavoce della comunità napoletana di Sant’Egidio Antonio Mattone.

Luci e ombre al tempo della pandemia – Dentro ogni essere umano ha preso corpo un’ansia leggera ma costante, data non solo dalla paura del virus, ma anche dalla situazione economica che ne seguirà. Un tempo in cui si è vista perdere la libertà di parola e di movimento. Alfonso Amarante: «Due caratteristiche racchiudono questo periodo vissuto: la fragilità, per un tempo di chiusura obbligata durata mesi, per non poter contare sugli affetti e la precarietà, data dall’impossibilità di programmare e sognare il futuro. Un’esperienza di vita che andrà ad incidere sul futuro di tutti». A livello sociale, si è passati da una società globale a una società confinata nella propria casa: da un allargamento degli spazi a un restringimento totale, a cui ha corrisposto, a livello umano, un allargamento dello spazio dell’anima e della coscienza. Persone che hanno riflettuto sul senso della vita e della morte, riscoprendo di non essere invincibili, ma di essere mortali. Un cambiamento totale, dove da una società narcisista, sempre pronta a mostrarsi, a mettersi in luce, facendo vedere successo e potenza, si è passati ad una società in cui si è riscoperto il senso di comunità, di un’apertura verso l’altro: «I testimoni al tempo del Covid19, non solo infermieri e medici, ma anche il mondo del volontariato, che ha agito in maniera silenziosa, facendo scoprire  la vicinanza anche di porta in porta», ha sottolineato Alfonso Amarante.

 

Il popolo del volontariato – In Italia la solidarietà si è dimostrata più contagiosa del virus. Pochi giorni dal lockdown e dopo i primi allarmanti dati del contagio, l’emergenza sanitaria è apparsa a tutti nella sua gravità. In pochissimo tempo, molti cittadini insieme a enti non profit, media, aziende e istituzioni si sono mobilitati dando prova della loro generosità. Dopo poche ore dall’inizio dell’emergenza, erano già numerose, le campagne di raccolta fondi e le iniziative attivate; servizi come la difesa del patrimonio culturale e ambientale, l’aiuto alle persone in difficoltà, il supporto ai malati. Senza i quali, l’impatto sociale del Coronavirus avrebbe avuto dimensioni ancora più drammatiche. «La pandemia ha fatto emergere contraddizioni e fragilità: il popolo senza fissa dimora si è trovato isolato, gli anziani hanno vissuto la loro strage nel silenzio, al loro fianco il popolo del volontariato, presente in prima linea. Tutto questo deve indurre a una riflessione e a un cambiamento che modifichi queste contraddizioni», ha sottolineato Antonio Mattone. Che il volontariato italiano sia rimasto attivo anche nel periodo di emergenza, nonostante le restrizioni, è ormai acquisito. Ma per chi segue le dinamiche della solidarietà, questo periodo sarà forse ricordato per un dato particolare: l’alto numero dei “nuovi” volontari. Tanti giovani, ma non solo, che hanno risposto agli appelli lanciati soprattutto dai centri di servizio per il volontariato e che spesso hanno anche sopperito alla temporanea indisponibilità dei volontari più anziani, molti dei quali fermi per motivi precauzionali. «La solidarietà al tempo del coronavirus è stata autentica – ha constatato il giornalista Guido Pocobelli Ragosta. L’impegno della informazione è stato enorme: la gente voleva sapere e conoscere; aveva timore, ma anche tanto senso civico».

Il futuro economico post Covid19 – “Tutto cambierà”: è quello che ci siamo sentiti dire da febbraio a questa parte. Ma cosa succederà realmente all’economia, quando l’emergenza Covid-19 verrà finalmente debellata? La crisi che stiamo affrontando e continueremo a fronteggiare è diversa da quelle a cui siamo abituati. Fare previsioni è complicato, in particolare in presenza di eventi che si manifestano con virulenza e hanno pochi o nessun precedente in storia. I dati disponibili sulla fiducia e le aspettative di famiglie e imprese e quelli relativi al mercato del lavoro segnalano chiaramente che i costi economici e sociali della pandemia di Covid19 saranno enormi: il suo impatto sull’attività produttiva sarà paragonabile a quello delle più grandi crisi dell’ultimo secolo e coinvolgerà, sebbene con intensità diversa, tutte le economie mondiali. Un’eventuale ripresa potrà dipendere dalla capacità dei governi di iniettare liquidità nel sistema per sostenere la domanda. «Intravedo luce sugli scenari economici presenti e futuri, bagliori di speranza all’orizzonte. La crisi è andata a colpire i sistemi produttivi; bisogna trovare le giuste politiche per ridurre i danni economici – nelle parole in trasmissione dell’ex-ministro Enrico GiovanniniUna sfida che bisogna fare combattendo le diseguaglianze e facendo dei piani d’investimento.Una trasformazione che può produrre posti di lavoro e minore diseguaglianza tra giovani ed anziani, Nord e Sud, ricchi e poveri».

Covid19, come il titolo di un film – «Il Covid19 può sembrare il titolo di un film, se non fosse per la drammaticità che abbiamo vissuto: morte, dolori. Partiamo dal nome scelto da papa Bergoglio: Francesco; come a rappresentare colui che ama e desidera la pace, che sta con i poveri, è solidale e rispetta il Creato. Tre architravi esprimono le luci e le ombre del momento che stiamo vivendo. Una guerra a pezzi…vissuta in tutte le parti del mondo, in cui abbiamo dovuto aspettare il Covid19 perché non ci fossero conflitti, terminati temporaneamente; a significare che si può vivere senza guerre. Una guerra a pezzi… che mette in crisi la povera gente, che paga più degli altri il prezzo delle guerre. Il Pontefice ha scelto come nome Francesco, per ricordarci il Santo di Assisi che ci invita a prenderci cura del Creato, come cosa che ci appartiene e non da sfruttare. È in questi tre architravi che ci sono le luci e le ombre; tocca all’uomo prendere una posizione e assumere la propria responsabilità, che non parte dagli altri, ma unicamente da quello che ciascuno decide di fare e di essere. Auguro a tutti che le nostre decisioni possano essere lenitive per l’umanità che ci sta accanto e per il Pianeta che siamo chiamati ad abitare. E non ci sono scuse» padre Enzo Fortunato.