Circa 400 Km sopra la superficie terreste, la Stazione Spaziale Internazionale continua la sua orbita intorno al pianeta. Dal primo gruppo di astronauti arrivati nel novembre 2000, più di 200 astronauti da 15 differenti nazioni sono passati per la Stazione Spaziale Internazionale. Al suo centro, fluttua un laboratorio, dove -ogni sei mesi- sei membri della crew lavorano, fanno esercizio, dormono e… mangiano.
Al Johnson Space Center, a Houston, gli esperti di nutrizione lavorano affinché gli astronauti della NASA seguano una dieta equilibrata. Maya Cooper è la responsabile di circa il 40% del cibo inviato agli astronauti. La sua scommessa è fare in modo che gli astronauti mangino cibi sani, ma anche familiari e gratificanti.
La mancanza di gravità nello spazio richiede molta energia: gli astronauti devono mangiare tenendo conto di un dispendio di 3000 calorie al giorno. Nell’ambiente controllato della Stazione Spaziale Internazionale, gli scienziati riescono a studiare i processi fisiologici degli astronauti con grande accuratezza.
Noi sappiamo esattamente ciò che mangiano – dice Cooper – così abbiamo a disposizione dati migliori sulla misura in cui il cibo impatta sul corpo.
Oltre a ciò, bisogna tener conto del modo in cui lo spazio incide sulla qualità del cibo. Il cibo spedito in orbita viene conservato attraverso un processo di cottura che determina una perdita in termini di valore nutrizionale a causa della degradazione delle vitamine.
Questo richiede un grande sforzo da parte del Johnson Space Center e si potrebbe pensare che un buon modo per ottimizzare le risorse sarebbe somministrare agli astronauti tutti i nutrienti di cui hanno bisogno attraverso concentrati, pillole o centrifughe. Ma tutto ciò è fuori discussione, secondo Cooper, la quale non trascura l’aspetto psicologico che gravita intorno all’esperienza alimentare: “E’ necessario, in termini di esperienza umana, che le persone mangino”