L’islamofobia è un male sociale che serpeggia strisciante in tutto il Vecchio Continente. L’inaspettato j’accuse arriva, neanche a dirlo, dalla Turchia.
Paese oggi dichiaratamente laico, anche se a maggioranza musulmana, la Turchia ha risentito negli ultimi decenni di un’onda progressista atta a frenare ogni tipo di fanatismo religioso, senza contare che, oggi più che mai, aspira fortemente a entrare nel contesto comunitario europeo.
Il principale quotidiano turco, Hurryet Daily News, ha recentemente illustrato i risultati di un reportage commissionato a un comitato di docenti turchi dal Consiglio d’Europa, sulla questione identitario- religiosa. Fine dell’inchiesta era capire come vengano percepite identità nazionali nuove e alternative al senso classico di radici e patria statica. Tra i diversi interrogativi c’è stato quello su alcune neo-cittadinanze tipiche quali la turco-tedesca o la afro-americana: vengono valorizzate o discriminate?
Ciò che emerge dall’indagine, intitolata Living Together: Diversità e Libertà nell’ Europa del 21esimo secolo, non è molto confortante.
Pare stia crescendo sempre più l’astio soprattutto verso i musulmani migranti, avvertiti come minaccia da molti cittadini europei, che ritengono l’Islam incompatibile con la vita europea contemporanea.
L’ondata migratoria di musulmani in Europa degli ultimi anni ha reso le comunità islamiche più visibili, ma, al tempo stesso, il concetto sovente stereotipato dell’Islam politico (e tutti gli annessi e connessi del post Torri Gemelle), avrebbero accresciuto la diffidenza e i pregiudizi verso il mondo arabo.
Secondo il professor Ayşe Kadıoğlu della Sabancı University, docente turco, e membro del gruppo di studiosi che ha elaborato l’inchiesta, <<Le identità multiple sono fonte di arricchimento per le nostre società, se vengono gestite bene. Si può essere musulmani, turchi, migranti ma al tempo stesso tutti uniti in quanto europei>>. Secondo il professore <<Il conflitto nasce quando le politiche non sono efficienti, ovvero quando la diversità culturale è utilizzata in maniera impropria>>. Gli fa eco Müjge Küçükkeleş, membro della SETA (Fondazione europea per la ricerca politica economica e sociale), secondo il quale <<I partiti politici di estrema destra razzista dilaganti in tutt’Europa utilizzano la retorica anti-islamica come strumento di potere. La loro retorica principale si concentra sul fatto che gli islamici non possono integrarsi nella società. Ma in realtà, si sta cercando di dare la colpa ai musulmani per nascondere la cattiva gestione delle politiche migratorie>> conclude.