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Donna Regina, Donnalbina, Donna Romita

Se volete per poco dimenticare le nostre folli passioni, i nostri idii taciturni, i nostri volti pallidi, le nostre anime sconvolte, io vi parlerò di altre passioni diversamente folli, di altri odii, di altri pallori, di altre anime. Se volete io vi narrerò la leggenda delle tre sorelle: Donnalbina, Donna Romita, Donna Regina”.

Così Matilde Serao inizia a raccontare la storia delle tre sorelle di casa Toraldo,  dell’amore, di   quell’amore proibito, ripudiato, abbandonato.Donna Regina, Donnalbina, Donna Romita, avevano rispettivamente diciannove, diciassette e quindici anni. Purtroppo erano orfane di madre, e  il barone Toraldo (il padre)  ebbe il privilegio dal re Roberto d’Angiò di conservare il nome della famiglia alle nozze della primogenita.Le tre donne erano molto diverse tra loro, non solo per l’aspetto ma anche per la personalità.Donna Regina era la maggiore, era lei che sposandosi avrebbe mantenuto il nome familiare,austera, superba, una bella bruna dagli occhi neri e pensosi. Era responsabile delle sorelle minori.Donnalbina era la femminilità fatta persona, con i suoi capelli biondi e gli occhi cerulei,  graziosa e sensibile, proprio come si richiede ad una dama.L’ultima, anch’essa di estrema bellezza, bionda e con bellissimi occhi verdi, era la più irrequieta delle tre,viveva la fase adolescenziale della vita ,con momenti di estrema felicità ed altri di grande solitudine.Il loro rapporto si incrinò irreparabilmente quando il re promise in matrimonio a Donna Regina un nobile cavaliere,bello ed aitante, Don Filippo Capace. La futura sposa era più che entusiasta della decisione presa dal re perché innamorata da tempo del cavaliere. Ma la sua quiete fu interrotta dalla confessione delle sorelle, tutte loro amavano lo stesso uomo. Ma Filippo Capace ricambiava solo uno di quei sentimenti, egli amava Donna Romita. Allora,dopo tempo che vivevano evitandosi a palazzo,le donne  presero la stessa decisione, ritiransi in monastero. Questo era l’unico modo per espiare i peccati commessi, perché una amava senza essere ricambiata, una era addirittura odiata e l’ultima, la piccina,  offese  gravemente la sorella maggiore.Così il desiderio del padre, il barone Toraldo, non fu mai esaudito. Il loro nobile nome scomparì lì dove morì l’amore.Ancora oggi si crede che le anime delle tre nobildonne vaghino in cerca del perdono, dell’amore perduto e della pace tra le antiche vie di Mezzocannone.

 

 

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