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Finalmente la pizza è patrimonio Unesco

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Pasta di farina, lievito, aggiunta del pomodoro, mozzarella, basilico e parmigiano, ed il gioco è fatto: la pizza napoletana patrimonio culturale dell’Umanità Unesco. Il 7 dicembre 2017  Napoli in festa, nell’orgoglio di una tradizione che entra a voce alta nella storia.

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Cronaca di una vittoria – L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato così il lungo lavoro del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaioli e della Regione Campania, superando i pregiudizi di quanti vedevano in questa antica arte solo un fenomeno commerciale e non una delle più alte espressioni identitarie della cultura partenopea. Il dossier della candidatura e la delegazione sono stati coordinati dal professor Pier Luigi Petrillo.

Così nella nota dell’Unesco –  Il dodicesimo Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, riunito in sessione sull’isola di Jeju, ha valutato positivamente la candidatura italiana: <<l know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale>>.

La prima pizza Margherita -  Si trova nel Real Bosco di Capodimonte, al Casamento Torre, il forno, ancora attivo, dove fu cotta la prima Margherita. Era l’estate del 1889 quando il re Umberto I con la regina Margherita di Savoia, si trovava a Napoli, nella reggia di Capodimonte, per trascorrere, come imponeva la monarchia, un periodo nel Regno delle Due Sicilie. In questi giorni i reali scoprirono l’interesse della gente verso particolari focacce al pomodoro e così i responsabili delle cucine invitarono alla reggia il più celebre fornaio di Napoli, Raffaele Esposito, titolare della celebre pizzeria Pietro il Pizzaiolo, ubicata all’epoca alla salita Sant’Anna, poco lontano da via Chiaia, sede dell’attuale pizzeria Brandi. Don Raffaele, accompagnato dalla moglie donna Maria Giovanna Brandi, vera autrice delle pizze presentate ai sovrani, utilizzando i forni reali preparò la mastunicola (pizza bianca) e la pizza pomodoro, mozzarella e basilico. La Regina apprezzò proprio quest’ultima, non solo per il sapore ma anche per l’omaggio al tricolore italiano. Don Raffaele la chiamò alla Margherita, ed il giorno dopo la inserì nel menù del suo locale che ebbe un’enorme affluenza di clienti. A incoronare Raffaele Esposito re dei pizzaioli ci sarebbe poi una lettera, datata 11 giugno 1889, firmata da certo Camillo Galli, capo dei servizi di tavola della real casa: <<Le confermo che le tre qualità di pizze da Lei confezionate per Sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime>>.

La pizza che fa bene – È un alimento molto valido dal punto di vista nutrizionale, un’ottima fonte di energia a lento rilascio grazie ai carboidrati complessi contenuti nell’impasto. Un piatto completo, equilibrato e ottimo, inserito nella dieta mediterranee. Ha proprietà benefiche e tiene lontano anche il cancro. Lo rivela uno studio italiano, secondo cui il consumo di pizza è associato ad un ridotto rischio di tumori dell’apparato digerente e riduce di un terzo il rischio di infarto.

L’arte del pizzaiolo – Forse si nasce e certamente si diventa, grazie ai corsi di apprendimento. La sua è una vera propria arte: alle conoscenze più strettamente tecniche, egli deve infatti unire una certa creatività; deve essere veloce ed avere una notevole capacità organizzativa, visto che, come è stato rilevato da una recente indagine, nei momenti di punta deve essere in grado di produrre fino a 60 pizze l’ora. Vantaggio sicuro sta nel veloce inserimento professionale: quella del pizzaiolo, infatti, fa parte di quelle figure più richieste sia in Italia che all’estero. Da ora sono i maestri al top, quelli che hanno segnato una svolta nella storia della pizza. Non sono chef, ma in certi casi anche di più, con la consapevolezza che il lavoro del pizzaiolo una volta era un ripiego per chi andava in cerca di lavoro. Il riconoscimento Unesco ne da prova contraria, come un applauso, o per meglio dire una standing ovation a chi ha fatto, con sacrificio, la scelta giusta.