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Frost-Nixon. Il duello

FROST/NIXON. IL DUELLO di RON HOWARD USA, 08.

Nel ’77, un presentatore di talk-show inglese ebbe l’idea di intervistare il presidente dimissionario degli Usa Richard Nixon. Il presentatore David Frost era una specie di Pippo Baudo inglese: famoso tra l’Australia e l’Inghilterra, era considerato un brillante e avido animale tv, niente di più. Quando da solo produsse i quattro incontri con Nixon, che era stato costretto a dimettersi per lo scandalo Watergate, nessun network tv volle fargli credito, perché non pensavano che avrebbe potuto tenere testa ad una tremendissima e scafata volpe come Nixon. Frost era un bellimbusto, azzimato e abile conoscitore della macchina-tv, e Nixon una personalità granitica, intelligente e astuto. Ma aveva un tallone d’Achille: il suo stesso ego, grande e prominente. Una specie di démone interiore che lo portò a sottovalutare quel tipo d’intelligenza spettacolare che Frost aveva. Questi lo portò con grazia e sottile, suadente vellicazione sul baratro dell’autoaffermazione da cui precipitò. E Nixon, per ribadire il suo ruolo guida, si trovò ad affermare apertamente che l’operazione Watergate, cioè l’opera di spionaggio a danno dei democratici, l’aveva ordinata lui stesso: fu la firma della sua condanna perenne. Prima di allora, nessuno era riuscito a collegare, con prova certa, lo scandalo alla sua persona. Il film marcia con grande abilità e potenza spettacolare tra le coordinate tracciate. L’autore della sceneggiatura, Peter Morgan, ha scritto lui stesso anche il dramma da cui è stata tratta, però è fondamentalmente uno scrittore di cinema, che ha già validamente collaborato con questo regista. Quindi la visione drammaturgica è già di per sé cinematografica, nonostante il prevalere della parola nella parte centrale del film. Ma questa è ampiamente preparata sia nella presentazione di Frost che del Presidente. Il contorno introduttivo, narrato con la tipica suspence di uno scontro che si sa  terribile, ha le forme visuali come di un balletto a spirale che ci trasporta, con cognizione degli interessi e delle poste in gioco, in un inarrestabile crescendo, al centro dello scontro stesso. Il duello è immerso in un’accorta rappresentazione storica, con maestria concentrata sugli elementi laterali: siano personaggi o ambientazioni: nessuno si mette a fare il maestrino; ma è tutto come concatenato alla rappresentazione visiva-gestuale, che fila via nonostante le due ore. La forza sono i due attori, M.Sheene, Frank Langella: ma questi, candidato all’Oscar, è un Nixon strabiliante. La sua rassomiglianza è tutta interiore: statista geniale, cinico fino alla falsità, personalità massiccia, sornione e perfido; ma anche solo, mesto e disperato nella sconfitta finale.

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