La poesia autentica che non lascia spazio alle performance di genere è un’esperienza che richiama ed afferma la vita: la stessa realtà desta ascolto alla sua parola, come una partita aperta, come una domanda sul mondo. A questo la tenera e potente voce di uno dei più grandi poeti e maestri del Novecento italiano sembra farci rapportare. Per una possibilità di domanda e interrogazione aperta sul mistero delle cose. Qualcosa che non sia delusione o esclusione dell’uomo dall’esistenza, dal suo fragile accenno. Giorgio Caproni parlò di Luzi come uno che aveva seminato inquietudine, di paradosso tra i critici per la sua non diretta catalogazione nelle grandi triadi italiane ed è “aiuto e spinta alla vita”. Egli stesso scriveva che <<viviamo un periodo di trionfale scientismo che fa prevalere il come sul quando e sul perché>>. Alla base del suo sguardo sta ferma una scoperta, senza circoscrizioni: <<Mondo, non sono circoscritto in me>>, recitava l’incipit di Sotto specie umana (1999) , una delle sue ultime raccolte, in cui affermava che l’uomo deve sempre la conoscenza di sé al maggior o minore rapporto con il reale. Fin dai tempi della prima giovinezza il mondo gli si rivela come la pienezza di un’ enigma, di un’imprescindibile legame e fascinazione con la realtà: <<Amici, dalla barca si vede il mondo / e in lui una verità che procede / intrepida>>. O ancora sempre con gli occhi aperti l’uomo è teso all’evento che irrompe, la realtà tanto più è affascinante, tanto più chiede di prendere spazio: <<e dentro gli occhi / delle più fragili donne, / una vela umida di destino / chiede a noi un porto profondo.>>. L’uomo sembra però destinato a raccogliere frammenti sparsi che come d’incanto si accendono di significato, di indizi che risalgono dal magma, pronti a dialogare con <<la piena d’indigenza” del cuore umano, con la sua eterna povertà. Scrive Edoardo Rialti: “Alla piena d’indigenza del cuore umano risponde la pienezza dell’enigma del mondo, due piene, due abissi che si confrontano, l’uomo pieno di domanda, il mondo pieno di una risposta misteriosa: questo è il cuore profondo della perenne religiosità luziana”. L’uomo è un essere che non riesce a trovare nella sua figura le ragioni ultime del suo esistere, tra certezza e incertezza del senso delle cose, ma come d’un tratto viene attraversato e colpito da segni, luoghi dolci e violenti (Presso il Bisenzio) e incontri ricolmi di una promessa di bene: <<Viene, / forse viene, / da oltre te / un richiamo / che ora perché agonizzi non ascolti. / Ma c’è…>>. Le acque e le pietre di Firenze, i tramonti senesi, il volto pieno di voce della madre, dell’amata, il vero “pivot” della sua poesia, come ha scritto Philippe Renard, (<<E io mi levo, mi libro e mi tormento / a far di me un Mario irraggiungibile/ da me stesso…>>), i gesti di una giovane donna intravista mentre pulisce casa, rivelano il cuore del nostro rapporto con il tutto e con il nostro io più nudo, in una poesia che è viaggio che “approssima al mistero dell’essere” e “il luogo in cui l’esperienza umana si svela, si tende nelle sue domande più alte e ineludibili” (Davide Rondoni).
Scrive lo stesso Luzi: “Qualunque vera e motivata poesia tende a ricostruire un universo perduto: essa è rimpianto verso qualcosa che le manca. E questa mancanza è simultaneamente causa di rimpianto e di attesa: la parola desiderio, del resto, ha questa doppia valenza”. La stoffa del suo pensiero poetico è dentro l’avvenimento del mondo, struttura ma non elimina questa mancanza, come sproporzione e beatitudine: <<Di che è mancanza questa mancanza, / cuore,/ che a un tratto ne sei pieno?/ di che?…>>. Poesia urgente che si confronta con la Creazione che la precede e rimane fedele alla realtà, alla sacralità della parola che ha vita e si muove con il cosmo intero. Ha guardato a Leopardi per la naturalezza dell’imitazione della natura e al suo dettato e a Dante per quella luce che destina il mondo, all’amore come problema e rinascita, alle stagioni e ai passaggi gravi della storia e alla Via Crucis, sofferta ed essenziale.
I suoi frammenti si dispiegano toccati dalla luce e dall’ombra, ma poggiati sulla vita fedele alla vita in cui il Tutto si rifrange in un atomo di grazia.