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Il carrettiere di nocelle americane

C’è un uomo di 54 anni, nato a Torre del Greco ma da sempre residente di Resina. All’anagrafe Daniele Salvatore. C’è un viso bonario, un sorriso per tutti, vestito in camicia gialla e pantaloni neri. C’è un carrettino celeste a cui si appoggia in una giornata come tante altre, braccia conserte, all’uscita della traversa che da Piazza Fontana, alle spalle della storica Chiesa di Santa Caterina, si immette sul Corso Resina:<<Cosa faccio? Vendo le nucelle, la roba secca..le noccioline!>> Salvatore pratica un mestiere che non ha eguali, te ne rendi conto soltanto se ammiri un suo antenato simile in qualche foto d’epoca sbiadita dal tempo. E’ un personaggio notissimo in queste zone e il suo mestiere bizzarro non sfugge a nessuno. Salvatore guida dall’età di 13 anni la carretta delle nocelle e afferma, con orgoglio, di essere sulla soglia dei 40 anni di mestiere. Ha ereditato questo mestiere cosi pittoresco da due persone:<<’Ro’ nonne mie, a bonanema e’ padem e poi ce stonghe ie>>. Salvatore è conosciuto dai più con un soprannome tramandato assieme all’attività da oltre un secolo, riguardante originariamente il nonno e poi, in suo ricordo, passato di generazione al figlio e al nipote:Salvatore “O monaciello”. Narra di Fabiano Raffaele, il nonno scomparso ad 83 anni, chiamato così perché raccontava di essere stato picchiato dal piccolo monaco, folletto della casa generoso e amato, spiritello talora dispettoso e temuto, proprio all’interno del forno in cui lavorava. Un giorno, attorno ai 20 anni, si inventò il mestiere del carrettiere, dando così inizio ad una saga che sarebbe proseguita per oltre un secolo:<<In fondo, è na’ rota ca gira..>>. Il papà, Daniele Antonio, era invece originario di Lecce. In gioventù assolse gli obblighi di leva presso la Caserma sita al Corso San Giovanni, tra San Giorgio a Cremano e l’omonimo quartiere ad est di Napoli. Fu ad Ercolano che conobbe e sposò la figlia di Fabiano, futura madre di Salvatore. Detto fatto, il padre gli mise in mano la carretta e anch’egli iniziò a vendere le noccioline. Nel dopoguerra nasce Salvatore che frequenterà la scuola fino ai 13 anni. Il padre decide allora di portarselo con sé in città, trasmettendogli la stessa tradizione ricevuta dal papà. D’improvviso Salvatore interrompe il racconto, intuisce che ha bisogno di promuovere la sua presenza. Il segreto del suo spot è racchiuso in uno strumento infallibile, gratuito e di sicuro richiamo: un fischietto di forma cilindrica vecchio di 70 anni, il cui suono è riconosciuto per i suoi 3 tocchi. Quando lo senti capisci che Salvatore si trova nei dintorni. Bisogna però prestare attenzione, per non prendere fischi per fiaschi. Nei territori di Ercolano e Portici infatti, può essere confuso con la sirena delle Ferrovie dello Stato, i treni che sfrecciano lungo la più antica linea d’Italia che costeggia il mare, inaugurata nel 1839 dal Re Ferdinando II. Un suono percepibile anche dalle lunghe distanze in condizioni di cattivo tempo. L’originale è naturalmente quello di Salvatore, che ricorda a suo modo le locomotive a vapore d’un tempo, per intenderci quelle in bella mostra presso il Museo di Pietrarsa. Basta un fischio, seguito da una brevissima pausa e poi altri due rapidi in sequenza, ed ecco accorrere la gente per assaporare i sfiziosi semi da sgranocchiare a metà mattinata in via Panoramica, due noccioline poco prima del pranzo lungo il Corso Resina, o qualche pistacchio subito dopo alla Piazza San Ciro. A riprova della magia del suo fischio, più abile del flauto d’Oriente nel riuscire a far lievitare i clienti, più intenso di quello dei fratelli Grimm, riceverà almeno tre visite. Un tempo, al posto della "moderna" bombola, veniva utilizzata la legna per questo speciale richiamo. Il carretto, lo strumento principe del suo lavoro, meriterebbe da solo un capitolo a parte. Andrebbe collocato nell’immaginario comune dopo il carretto siciliano, una creazione che meriterebbe un posticino nel presepio napoletano,raccontando,come avviene per i pastori della tradizione, di un mestiere antico sorto tra i vicoli poveri di Napoli. Quartiere Mercato, quartieri spagnoli, la sanità, percorse su e giù da personaggi che lo facevano per necessità e soddisfacevano con poche lire quella altrui, affinchè alla povera gente non mancasse nulla: dalla musica alle pizze fritte, dalle castagne alle noccioline. Sorretto da due ruote, il carretto risale agli anni ’70. In passato era composto dal legno << soggetto a infracicarsi>>, esposto cioè alle intemperie. Il rivestimento in ferro apposto successivamente, consente invece una maggiore garanzia di lunga durata per un’attività dinamica e versatile come quella di Salvatore. Appesa ad un angolo troviamo la bilancia in ottone, scomparsa dai negozi e sostituita al giorno d’oggi dai precisissimi meccanismi elettronici. Accenna ad un sorriso, colloquiando sul lavoro:<<Sai come è la vita, ci sono nato in questo lavoro e in mezzo alla strada ci sto bene, è naturale per me>>. Accenna al cammino che riprenderà di lì a poco, a piedi, conservando il rispetto di una tradizione che affonda gli albori nell’800, quando il Miglio d’Oro, come illustrano le foto presenti in diversi quaderni porticicesi realizzati da un illustre autore scomparso recentemente, era attraversata da uomini a piedi e carrozzelle. Salvatore illustra le tappe del suo Nocciolina’s tour: parte da Ercolano, lungo il Corso Resina, supera la Reggia di Portici e si trattiene per una breve sosta nella Piazza San Ciro,infine  risale l’interminabile Via Libertà per poi svoltare all’altezza del mercato di Via De Lauzieres, quasi all’altezza del casello autostradale. Racconta di un aneddoto legato al suo quotidiano peregrinare. Un giorno il nipote di 12 anni, incuriosito dalla visione dello zio sempre in giro, gli chiese se poteva fargli compagnia. Lo zio premuroso e disponibile, gli promise di portarlo con sé una domenica. Probabilmente era tutt’altra l’idea che il ragazzino aveva maturato se, una volta tornato a casa, si rivolse alla mamma dicendo:<<No, nun è cosa appriess ‘o zie, sta semp all’erta, comme se fa’?>>. E’ sincero quando ammette che solo un pazzo potrebbe fare un mestiere del genere, perché:<<se non hai la passione non puoi far nulla e d’altronde, diciamoci la verità, chi si mette a guidare una carrettella in giro a 15 anni?>>. Mi rendo conto di essere dinnanzi all’ennesimo ultimo testimone di una tradizione che prosegue da tre generazioni. Si definisce “giovane”, dice di non avere figli e nessuno dei suoi nipoti ha voluto ereditare il suo mestiere. Fa quasi una smorfia nell’ammetterlo, aggrottando le ciglia:<<Il mestiere, lo ripeto, lo hanno fatto solo mio nonno, a bonanema e papà e io che sono qui>>. Egli stesso sa di per certo che a Napoli non risultano persone che svolgono la sua attività. Salvatore è dunque emblema di una sopravvivenza atemporale, rappresentante di qualcosa che non c’è più, a cui, pur tuttavia, la gente continua ad esser legata, nella stratificazione di ricordi, passaggi di vita vissuta. Al riguardo, racconta di aver sostato poco prima  col suo carretto, nei pressi della fontana posta al centro della Via Panoramica, di fronte alla stazione della Circumvesuviana. Gli si è avvicinata una bimba chiedendogli una bustina di arachidi tostati. Le chiede a chi appartenesse, da chi provenisse la richiesta. La bimba indica la madre, affacciata da un balcone che gli rivolge un saluto. Salvatore la scorge e la riconosce. Un flashback lo riporta indietro nel tempo, andando a cercare nell’archivio mentale, tra i volti e le espressioni quella donna, un tempo anch’ella bambina. Da piccola veniva con il papà, l’ha vista crescere. Spesso gli chiedono l’età, credendo sia un matusalemme e Salvatore ha la risposta pronta, accompagnata da una risata e un gesto di rifiuto:<<Macchè..ho solo 54 anni!La differenza è che voi crescete e diventate grandi, mentre io invece me’ facce vecchiariello>>. Il cuore del carretto è costituito da un forno, collegato con un tubicino alla bombola che consente di tenere sempre calde le noccioline americane. Salvatore vende di tutto, di più, ma la tradizione-ci tiene a sottolinearlo- è rappresentata storicamente dalle noccioline americane, i semi ed i ciceri. Tutto il resto della sua mercanzia, raccolta in piccoli sacchettini di plastica divisi per tipologia, appartiene ad una categoria sorta solo da alcuni anni appositamente per i ragazzi, è il caso delle “nucelle zuccherate” o dei “semi salati”. Sulla tavola in ferro trova posto anche il giubbotto, in caso di “maletiempe” e il cappello di paglia per proteggersi dal sole forte durante le ore di punta.La clientela è quella di sempre, affezionata ai suoi “prodotti”, originaria di questi paesi sotto il Vesuvio. Spesso si fermano anche coloro che hanno parenti qui, vengono da fuori, oppure acquistano da Salvatore un po’ di nocelle da sbucciare dopo il lauto pranzo domenicale. E’ in cammino da sempre e pensa di smettere tra 4, forse 5 anni. Quando non avrà più la salute per andare avanti e indietro, non crede di trasferire la sua attività su un mezzo, perché resta un convinto e fedele sostenitore di questa tradizione:<<Sarebbe un’altra cosa, perderebbe molto di ciò che è oggi..il giorno che mi sveglierò e non riuscirò a portare la carrettella, la poso>>. L’occhio cade su una frase a pennarello marchiata sul forno:”le noccioline dei campioni” e ancora “I love Napoli”. Dice che e’ stato il fratello stuccatore a scrivergliela. Come mai? Il Napoli e il colore azzurro: ecco svelato l’arcano, il mistero è risolto, è l’amore della squadra che lo ha spinto, anche se spesso ama ridipingerlo, talvolta in ogni stagione:<<Mò rosso, mò verde, na voda azzurro..ma quest’ultimo prevale, così attira di più i clienti tifosi come me>>. Salvatore è contento di aver reso la sua particolare testimonianza e sarà ricambiato con un articolo che potrà conservare. Ricorda allora un’altra intervista,andata in onda al tg1 di alcuni anni fa, sull’eventualità del rischio un’eruzione del Vesuvio. Al termine del servizio, al giornalista che gli pone la domanda sul rischio vulcanico, gli risponde affermando che l’unica cosa che può esplodere è il suo fischio e via al suo spot a degna chiusura per raiuno. Dona un sacchetto di noccioline americane, un gesto di gratitudine dapprima rifiutato, poi accettato perché lui “ama regalarle”, come se fossero dolci da condividere assieme.Una stretta di mano, un sorriso e una battuta concludono quest’altra storia che riprenderà di li a poco, impugnando il carretto e consumando le scarpe a zonzo tra le strade di questa terra. Come il papà e come il nonno, tanti anni fa..

   

  

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