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Il convegno di Collevalenza – parte IV

Collevalenza: chiusi i lavori del Convegno di Studi

LA MISERICORDIA TRA GIUSTZIA E SPERANZA
 
Domenica 8 febbraio 2009
                                                                
La sessione conclusiva dei lavori del convegno ha avuto inizio alle ore 9 ed ha invitato a riflettere su “Le prospettive della Filosofia e della Teologia della Misericordia” con le relazioni del Prof. Antonio Pieretti docente di Filosofia nell’Università di Perugia, del Cardinale Philippe  Barbarin, arcivescovo di Lyon e presidente del World apostolic congress of mercy, e del Prof. Luigi Alici, docente di Filosofia morale nell’Università di Macerata.
Moderatore di turno il Dr. Donatella Pagliacci.
Il Prof. Antonio Pieretti, introducendo il tema “La misericordia come dono: verso una prassi etico-sociale” e collegandosi con i l tema trattato venerdì 6 dal Prof. Viola, relativamente all’insufficienza della giustizia, ha osservato come rispetto al perdono l’altro non sia sempre il colpevole o quello a cui si deve perdonare. Accanto a questa categoria – ha detto il Prof. Pieretti – deve esserci quella che tenga conto dell’altro, chiunque esso sia: la categoria del dono. Il dono è un gesto unilaterale, indipendentemente dall’altro e se sia stata rivolta domanda di perdono. Il dono è gratis, senza motivazione, basta che ci sei, sei tu, sei l’altro. Il dono non chiede reciprocità.
Due sono i caratteri costitutivi del dono:  a): la gratuità e b) la libertà; di conseguenza non c’è né scambio né risarcimento, è un gesto assolutamente libero e unilaterale.
Proseguendo il suo argomentare il Prof.Pieretti ha affermato che dietro il dono c’è un atto di fiducia, un atto che non chiede compenso, che non chiede reciprocità, è un alto
atto d’amore per l’altro al quale riconosco un termine di confronto: ti faccio dono perché sei tu.
 Ma qual è il fondamento del dono e della dignità che ci è stata data e che siamo chiamati a riconoscere all’altro?
     Il fondamento del dono è in Dio che si è rivelato come colui che ha fatto il dono. La vita è l’espressione più alta del dono che abbiamo ricevuto. Il dono in chi ha origine come gesto libero, unilaterale e gratuito? Ha origine in Dio che lo ha fatto senza condizione, senza reciprocità. Dio è Amore., ma cos’è la misericordia rispetto all’amore di Dio?
    La misericordia – ha sostenuto Pieretti – è la declinazione dell’Amore di Dio in funzione del riscatto della nostra debolezza e che viene incontro alla miseria che ci contraddistingue.
    Come beneficiari del dono, per essere nati, chiamati e salvati, siamo chiamati a testimoniare la misericordia, usata verso di noi e, che noi dobbiamo all’altro.sforzandoci d’inserire perdono e giustizia nell’ottica del dono.
          Il Cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lyon e presidente del World apostolic congress of mercy ha svolto una relazione su “La teologia della misericordia, una luce sul terzo millennio”. Dopo Cracovia, Roma e Lione sono contento di essere qui a Collevalenza – ha detto il Card. Barbarin – per la conclusione di questo convegno di studi sulla misericordia nel corso del quale si sono avvicendati tanti autorevoli relatori. Io fermerò l’attenzione nel mostrare il radicamento biblico del termine “misericordia” e l’utilità di esso per il dialogo interreligioso con gli ebrei e con i musulmani”.
     Di fronte a questo termine in occidente c’è molta indifferenza. In Francia è un termine sdolcinato, più che in Italia. In Francia, infatti, il termine misericordia, che ricorre una volta nel Magnificat e due volte nel Benedictus, viene tradotto con la parola  amore quasi si avesse paura del termine misericordia . “Bisogna riappropriarsi – ha detto il Cardinale Barbarin – di questa bella e fondamentale parola biblica, una vera perla, in cui c’è il cuore immenso di Dio. E la miseria dell’uomo.”
       Dio che dal profondo del suo cuore si prende cura delle nostre miserie è il Buon Samaritano della parabola  che dice all’albergatore “ prenditi cura e al mio ritorno ti rimborserò.” Di tutti si prende cura e altrettanto devi fare tu; come il Padre si prende cura di te altrettanto devi fare tu. Come Egli è misericordioso, anche tu devi essere operatore di misericordia. Di questa parabola , nel tempo, purtroppo, abbiamo perduto il grande e profondo significato  e ci siamo limitati a trarne una piccola morale.
         Ma cosa troviamo nella Bibbia – ci chiediamo con il Card. Barbarin- che possa essere di grande conforto e di grande gioia per noi ? Nei testi ebraici vengono usati tre diversi vocaboli per indicare Dio misericordioso: “hesed” che indica atteggiamento di amore e di compassione che deriva da un rapporto di alleanza e che quindi comporta diritti e doveri e da questa stessa radice deivano i Cassidim, gli amorosi, un movimento ebraico del XVII secolo il cui unico scopo è quello di lodare e cantare la misericordia di Dio; “rehamim” che significa viscere materne, seno materno, matrice, un sentimento intimo che lega profondamente e amorosamente due esseri in relazione; “emet” è termine che mette in risalto la fedeltà assoluta anche nel caso della infedeltà dell’altro.
          Dio ci ama e usa misericordia con le viscere di una madre, lo stesso rapporto che unisce la madre al figlio, una relazione unica, forte, un amore particolare, una tenerezza unica, gratuita fatta di pazienza, di comprensione come si legge in Isaia (Is.49,15) : “Sion ha detto il Signore mi ha abbandonato, si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai”.   Nel Corano vi è una citazione simile del Profeta e si trova in particolare un uso costante di due aggettivi “misericordiosissimo”e “misericordioso”. Ed è qui –ha detto il Card. Barbarin- che si può entrare in dialogo con i musulmani. Ebrei, cristiani e musulmani chiedono perdono a Dio per i loro peccati, i cristiani e i musulmani pregano, gli ebrei cantano con una litania i loro peccati.
            La misericordia viene dal cuore di Dio. E perfezione e misericordia sono la stessa cosa.. Dio ha creato e ci ricrea, ci rifà fino a perfezionarci  con il perdono per farci diventare misericordiosi. Gli ebrei sanno che ci ha chiamati perché diventassimo luce per il suo popolo: “tu sarai un servo della misericordia per tutto Israele”.E questo termine ricorre tante volte nella liturgia della famiglia per lodare il Signore Dio e nelle Sinagoghe.     E’ bello ricordare la preghiera del re Salomone per il tempio e per la sua missione di governo.
        E che dire dei musulmani? Misericordiosissimo e misericordioso sono espressioni del Corano. Novantanove sono i nomi di Dio      e chi li conosce è già in Dio. Il centesimo nome secondo alcuni studiosi orientalisti cristiani sarebbe quello di “Padre” che i musulmani non osano pronunciare.
        Per concludere ricordiamo che Nostro Signore ha prescritto a se stesso di essere sempre misericordioso e alla fine della vita saremo giudicati sull’amore.
         E’ importante –ha concluso il card. Barbarin- lasciare agire l’Amore di Dio. Nel canto del Magnificat c’ è tutto il mistero della misericordia di Dio. Maria è colma di stupore per l’amore e la misericordia di Dio, e lei, piccola serva, acconsente alla incarnazione.
          Cristiani, ebrei e musulmani, superando le paure potrebbero fare opera di misericordia
 
            Il Prof. Luigi Alici, docente di Filosofia morale nella Università di Macerata, ha parlato su “La profezia della misericordia nell’epoca delle idolatrie”. 
        “Non dobbiamo nasconderci – ha detto il Prof. Alici – che oggi la comunità cristiana è posta dinanzi ad una sfida cruciale, che investe la credibilità della testimonianza e la capacità di trasmettere alle nuove generazioni uno stupore contagioso dinanzi all’abisso insondabile dell’amore di Dio. In questa debolezza profetica si riflette un fenomeno più generale, che investe la cultura, il costume, l’educazione: nell’epoca della ragione debole e della tecnologia forte l’eclisse dell’infinito coincide, non a caso, con una proliferazione imponente e diffusa delle idolatrie.
           Anche la fede dei cristiani – ha affermato Alici- può essere inquinata in senso idolatrico, quando non riesce più a lasciarsi sorprendere dal mistero della trascendenza e si rifugia, in modo più o meno consapevole, nel legalismo, nella routine o nella sindrome dell’assedio, che porta a identificare l’altro da noi come il nostro nemico. In questo modo il virus idolatrico si diffonde su larga scala senza risparmiare nessuno e si perde il vero senso della “differenza cristiana.
            L’antidoto veramente efficace – ha argomentato Alici-  contro gli idoli esterni e interni che soffocano la nostra vita è il vangelo della misericordia.
Una misericordia riscattata da banalizzazioni pietistiche e restituita alla sua forza profetica ci rivela il volto autentico di Dio e proprio per questo offre anticorpi preziosi contro l’idolatria: invitando a non separare amore umano e amore divino, libera il primo da ogni istinto predatorio e sottrae il secondo ad un decadimento devozionale.
 

          Con una solenne concelebrazione eucaristica nella Basilica dell’Amore Misericordioso, presieduta dal Cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lyon e presidente del World apostolic congress of mercy , sono stati chiusi i lavori del convegno di studi su “La misericordia tra giustizia e speranza

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