IL DUBBIO di JOHN PATRICK SHANLEY USA, 08.
Brooklyn 1964, nella scuola parrocchiale la Direttrice, una Suora ipertradizionalista, pur all’indomani del Concilio, sospetta che il Parroco abbia atteggiamenti ambigui rispetto ad uno studente di colore, da lui protetto. E’ la puntuale messa in film del dramma teatrale omonimo, diretto dallo stesso autore, anche da noi rappresentato in questi giorni con la regia di S.Castellitto e con S.Accorsi, ritenuto al top della bravura, nella parte del prete. Nel film è Ph. Seymour Hoffman, candidato all’Oscar; mentre la suora è M. Streep, che dallo scatenato musical “Mamma mia!” passa con estrema scioltezza ad una così cupa caratterizzazione, anch’essa candidata all’Oscar. Un film di mostri sacri? Si, e non solo. Nonostante la provenienza chiaramente teatrale, esso dà forti emozioni; costruisce un’azione e un crescendo di tensione. Anzi, la validità del film suggerisce un ulteriore elemento alla vecchia discussione, nata si può dire con la nascita del cinema: il teatro può essere cinema? Personalmente, ritengo che, anche in questa, l’unica soluzione è “rovesciare il tavolo”. Il trasferimento in sede filmica del gesto teatrale, fatto di parola/atto scenico, funziona se il tempo narrativo è scandito, nella forme peculiari e/o reinventate (una volta si sproloquiava di un misterioso “specifico filmico”) del linguaggio cinematografico, attraverso, nel senso etimologico, di “profondamente dentro”, la stessa parola. Il montaggio, la costruzione dell’inquadratura, l’illuminazione, la scenografia, la coreografia, ecc. devono servirsi della capacità attoriale di “essere”, essi stessi, incarnazione di quanto pronunziano. Così è stata individuata, nel tempo, un’altra forma di genere narrativo, quella “Teatrale”. Gli attori danno una rappresentazione “strutturata e inglobata” del tempo storico cornice della vicenda. Ed è ciò che fanno al meglio i tre del film, non dimenticando la suorina giovane- testimone e “coro” della vicenda, la sottilmente brava Amy Adams, alle prese di un’epoca assai difficile e complessa quale erano gli anni 60. Sono citati due riferimenti storici-chiave: l’assassinio di J.F.K. e il Concilio. In questo recinto si dibatte un conflitto che va oltre le persone, ma le ingloba con tutta la possibile complessità delle psicologie messe in campo, le ambiguità e i dubbi. Gli scontri ideologici si basano su quelle individualità, non solo sui messaggi che essi portano, e sono rivissuti con sofferenza. Anzi, all’inizio si pone la sfera del dubbio come una matrice filosofica di fondamentale accrescimento delle proprie consapevolezze razionali ed emotive. In questo il film non ci dà alcuna facile certezza e pace.