In Egitto la rivoluzione è tutt’altro che terminata. A due mesi dalla destituzione di Mubarak, nel Paese regna ancora il caos e in molti comparti della cosa pubblica vige una sostanziale anarchia.
Le strade non risultano sicure e i conflitti interreligiosi (specie tra i musulmani salafiti ed i cristiani copti) sono all’ordine del giorno.
A fare il punto della situazione e proporre un piano d’azione a breve-medio termine c’è uno dei protagonisti morali dell’insurrezione che ha condotto alla fine del regime: Mohamed El Baradei.
Premio Nobel per la Pace e candidato alla presidenza del Nuovo Egitto, in un’intervista rilasciata al quotidiano Al Ahram, El Baradei sottolinea quanto sia necessario applicare adesso le cosiddette leggi d’emergenza, revocate proprio a seguito della rivolta del 25 Gennaio.
<<Non abbiamo mai avuto bisogno delle leggi speciali quanto in questo momento; è la prima volta in trent’anni che andrebbero applicate realmente per ripristinare la sicurezza interna e riportare il paese allo stato di normalità>>, afferma l’ex direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
Ciò non implica il regresso ad uno stato militarizzato dopo le conquiste rivoluzionarie. Piuttosto, secondo El Baradei, occorre che tali norme (che prevedono tra l’altro la detenzione a tempo indeterminato) vengano applicate nei confronti di tutti i corrotti del vecchio regime. Inoltre a suo parere le misure intraprese dalle autorità egiziane per congelare i beni o porre agli arresti domiciliari ex ministri o funzionari della vecchia dirigenza sono state opportune ma poco rapide: se la rivoluzione è iniziata il 25 gennaio e si è conclusa l’11 febbraio con la deposizione di Mubarak, non è stato giuridicamente tempestivo arrestare solo poche settimane fa i fedelissimi dell’ ex raìs. In tal modo, precisa El Baradei, <<I veri criminali hanno avuto tutto il tempo di disperdere le prove relative alla corruzione e al riciclaggio di denaro all’estero>>.
Per il candidato alla futura presidenza d’Egitto, occorre lavorare sodo e in sinergia con l’apparato giudiziario, instaurare un dialogo nazionale con tutte le parti sociali, creare un comitato indipendente dal Parlamento, incaricato di redigere una nuova Costituzione e dar vita a comizi politici finalizzati alla formazione di nuovi partiti. Solo mediante questi passaggi si potrà raggiungere un accordo più autentico di riconciliazione sociale.