Con la catechesi di questa mattina, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha esortato i cristiani ad aprirsi al prossimo e a non stancarsi di ricercare il perdono e la pace in questo nostro tempo segnato da intolleranza, divisioni e conflitti. Lo ha detto il Papa presentando la figura di Pietro il Venerabile santo abate di Cluny vissuto nel XII secolo. Nato intorno al 1094 nella regione francese dell’Alvernia entrò bambino nel monastero di Sauxillanges ove divenne monaco professo e poi priore, nel 1122 fu eletto abate di Cluny e con tale carica vi rimase fino alla morte avvenuta nel giorno di Natale del 1156.
La signorile mitezza, il sereno equilibrio, il dominio di sé, la rettitudine, la lealtà, la lucidità e la speciale attitudine a mediare di questo monaco furono qualità sperimentate da quanti lo avvicinarono. “Di indole sensibile e affettuosa – ha ricordato Papa Benedetto – sapeva congiungere l’amore per il Signore con la tenerezza verso i familiari, particolarmente verso la madre, e verso gli amici. Fu un cultore dell’amicizia, in modo speciale nei confronti dei suoi monaci, che abitualmente si confidavano con lui, sicuri di essere accolti e compresi. Secondo la testimonianza del biografo, “non disprezzava e non respingeva nessuno”; “appariva a tutti amabile; nella sua bontà innata era aperto a tutti:”
Anche se “l’abbandono forzato della quiete contemplativa gli pesava”, a motivo del suo incarico affrontò frequenti viaggi in Italia, Inghilterra, Germania e Spagna .
“Pur dovendosi destreggiare tra poteri e signorie che circondavano Cluny, – ha ricordato il Papa – riuscì comunque, grazie al suo senso della misura, alla sua magnanimità e al suo realismo, a conservare un’abituale tranquillità. Tra le personalità con cui entrò in relazione ci fu Bernardo di Clairvaux con il quale intrattenne un rapporto di crescente amicizia, pur nella diversità del temperamento e delle prospettive. Bernardo lo definiva: “uomo importante, occupato in faccende importanti” e aveva grande stima di lui, mentre Pietro il Venerabile definiva Bernardo “lucerna della Chiesa”, “forte e splendida colonna dell’ordine monastico e di tutta la Chiesa”
Con vivo senso ecclesiale, Pietro il Venerabile affermava che le vicende del popolo cristiano devono essere sentite nell’“intimo del cuore” da quanti si annoverano “tra i membri del corpo di Cristo”. E aggiungeva: “Non è alimentato dallo spirito di Cristo chi non sente le ferite del corpo di Cristo”, ovunque esse si producano. Mostrava inoltre cura e sollecitudine – ha sottolineato Benedetto XVI – anche per chi era al di fuori della Chiesa, in particolare per gli ebrei e i musulmani: per favorire la conoscenza di questi ultimi provvide a far tradurre il Corano. Osserva al riguardo uno storico recente: “In mezzo all’intransigenza degli uomini del Medioevo – anche dei più grandi tra essi – noi ammiriamo qui un esempio sublime della delicatezza a cui conduce la carità cristiana” (J. Leclercq, Pietro il Venerabile, Jaca Book, 1991).
Altri aspetti della vita cristiana a lui cari erano l’amore per l’Eucaristia e la devozione verso la Vergine Maria. Sul Santissimo Sacramento ci ha lasciato pagine che costituiscono “uno dei capolavori della letteratura eucaristica di tutti i tempi” e sulla Madre di Dio ha scritto riflessioni illuminanti, contemplandola sempre in stretta relazione con Gesù Redentore e con la sua opera di salvezza.
Pietro il Venerabile nutriva anche una predilezione per l’attività letteraria e ne possedeva il talento. Annotava le sue riflessioni, persuaso dell’importanza di usare la penna quasi come un aratro per “spargere nella carta il seme del Verbo”. Anche se non fu un teologo sistematico, fu un grande indagatore del mistero di Dio. La sua teologia affonda le radici nella preghiera, specie in quella liturgica e tra i misteri di Cristo, egli prediligeva quello della Trasfigurazione, nel quale già si prefigura la Risurrezione.. “Questo santo monaco – ha sottolineato il Papa avviandosi alla conclusione della catechesi- è certamente un grande esempio di santità monastica, alimentata alle sorgenti della tradizione benedettina. Per lui l’ideale del monaco consiste nell’“aderire tenacemente a Cristo” in una vita claustrale contraddistinta dalla “umiltà monastica” e dalla laboriosità, come pure da un clima di silenziosa contemplazione e di costante lode a Dio…In questo modo tutta la vita risulta pervasa di amore profondo per Dio e di amore per gli altri, un amore che si esprime nella sincera apertura al prossimo, nel perdono e nella ricerca della pace. Potremmo dire, concludendo, che se questo stile di vita unito al lavoro quotidiano, costituisce, per san Benedetto, l’ideale del monaco, esso concerne anche tutti noi, può essere, in grande misura, lo stile di vita del cristiano che vuole diventare autentico discepolo di Cristo, caratterizzato proprio dall’adesione tenace a Lui, dall’umiltà, dalla laboriosità e dalla capacità di perdono e di pace”.