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Il paradosso di DIOS. Un calciatore diventato mito

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Il primo anniversario della morte di Diego Armando Maradona ha visto sorgere tante iniziative e moltissime pubblicazioni. Tra queste, non possono mancare le trovate popolari, come i murales, o le cappelle votive. Segni e segnali di un diffuso e radicato amore per questo calciatore non solo per le sue abilità calcistiche, ma per i numerosi gesti di umanità e di condivisione con i più poveri e gli indigenti. Un aspetto che sta venendo sempre più in evidenza e che si lega in modo emblematico alla sovrapposizione dell’immagine di Maradona a quella del culto cattolico rivolto in particolare si santi. Un aspetto senz’altro da indagare magari con l’ausilio di più specialisti per decifrarne bene il senso.

Il sentire del popolo partenopeo qui offre a Diego Armando un vero culto che quasi descrive la speranza dei napoletani. Diventa l’icona di Napoli tra speranze e amare certezze, bellezza e senso di abbandono, riscatto e bisogno di affidamento. «In campo è stato un poetano, un grande campione che ha regalato gioia a milioni di persone, in Argentina come a Napoli. Era anche un uomo molto fragile», dice il suo connazionale papa Bergoglio, già arcivescovo di Buenos Aires.

Questa gioia, dovuta alle sue destrezze calcistiche e agonistiche, è pienamente umana, ma è trasportata su piano superiore e la narrazione degli eventi diventa perfino mitologia. Maradona, un trequartista che gioca con il numero 10, non è più solo un calciatore, ma un/il “dio” del calcio: D 1 O S. Ecco apparire soprattutto dopo la sua morte quello che può essere definito un ologramma, utile a stigmatizzare per sempre la sua divinità calcistica.

Un dio che ha la sua religione, anche se lui non si dichiarava più credente perché scandalizzato dalla opulenza della religione a fronte della povertà dilagante nel mondo. Anche questa sua presa di posizione lo rende tanto umano e fragile. Il papa argentino invece lo accoglie e lo abbraccia fuori ogni protocollo. Due argentini si incontrano e  si comprendono con i loro limiti ed errori, capacità e potenzialità.

La religione non gli interessa come impegno esistenziale, ma il vangelo dei poveri, ricevuto attraverso le pratiche della pietà popolare, lo ha sensibilizzato per i problemi dei più deboli ai quali rivolge sempre le sue attenzioni. Anche questo aspetto è colto dai napoletani come segno di provvidenza. E a Diego Armando si offre un culto come si fa per un dio, certo un dio minore che sa parlare il linguaggio del calcio con la grammatica del gioco.

Tutto questo fa di Maradona una immagine messa poco a fuoco, volutamente sbiadita. Cristallizzata dalle edicole votive, che pur sorgono sempre più numerose nei vari angoli della Città di Parthenope. Quelle edicole, legate soprattutto al nome di Sant’Alfonso il più santo dei napoletani ed il più napoletano dei santi, nacquero per fare luce nei punti reconditi e pericolosi delle strade cittadine ed avere in questo modo un punto di riferimento nel percorrere la strada in compagnia con i Santi della fede cattolica…

 

Esiste anche la iglesias maradoniana, nata il 30 ottobre 1998, una vera e propria forma di organizzazione cultuale che ricalca l’organizzazione della chiesa cattolica. A lui si dà “la gloria e l’onore”, che spetta però solo al Dio uno e trino del Vangelo e predicato dalle chiese cristiane.

Il nome del Pibe de oro  ha dato l’occasione di sostituire anche alcune deboli forme di identificazione con la cultura cattolica. Egli come un “santo” all’avanguardia scalza altri simboli più reconditi.

Ora anche lo stadio di Napoli, intitolato all’apostolo Paolo – sbarcato a Pozzuoli nel 61 d.C. (cf. Atti degli Apostoli 28, 13-14) –, struttura polivalente sita nel quartiere Fuorigrotta, è luogo di culto. Alla morte di Diego Armando in pellegrinaggio per giorni, uno sciame umano ha alluvionato di fiori e di altri segni un angolo dello Stadio, nonostante le severe ristrettezze dovute alle leggi contro la diffusione del Coronavirus.

Una polemica inevitabile si è aperta alla proposta presentata dal sindaco Luigi De Magistris al Consiglio comunale di Napoli per la titolazione al campione argentino. Una promessa realizzata intanto  in solo otto giorni. Un tempo record. Fossero sempre così le decisioni politiche!

Tuttavia, molti cattolici napoletani si sono opposti al cambiamento, mentre monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, alla cui giurisdizione ecclesiastica rientra la competenza dello Stadio calcistico, fa diramare un comunicato molto significativo per il valore storico-religioso e umano.

Ecco con quali parole si condensa la decisione favorevole di monsignor Pascarella:

«Ci sembra invece che intitolare lo Stadio a Diego Armando Maradona possa oggi essere un segno di richiamo ai valori fondanti lo sport, facendo riferimento a uno dei suoi più grandi rappresentanti, e a una passione che dall’ambito puramente sportivo deve diffondersi in tutto il tessuto sociale, politico, economico della nostra terra flegrea, con particolare attenzione ai più bisognosi secondo quella generosità che fu anche del giocatore argentino. Ben venga, dunque, l’intitolazione a Diego Armando Maradona del principale impianto sportivo della nostra città, se questo aiuterà la crescita umana e sociale della nostra terra purché non si perda la memoria delle nostre radici e ci siano iniziative culturali significative che mettano in evidenza i fondamenti greco-romani e cristiani della storia del nostro territorio. Senza radici profonde dove andiamo?».

Il famigerato stadio san paolo, da lui fatto grande e reso noto al mondo con le sue doti calcistiche, è dal 4 dicembre 2020 stadio diego armando maradona. Ma D1OS è solo un uomo, non un dio!