Il primo giorno della mia vita
di Paolo Genovesi
ITALIA 2023
120 minuti
Suicidi e fantasmi sono dei leitmotiv di molti film. Genovesi gira un film con questi ingredienti, tratti dal suo libro omonimo, dove la location era New York mentre qui è Roma, con un cast italiano di tutto rispetto (Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Margherita Buy e Sara Serraiocco). Ne viene fuori una storia un po’ troppo asettica, con atmosfere teatrali rarefatte e un po’ soporifere.
L’INCIPIT – Toni Servillo è un misterioso individuo che, a bordo di una vecchia Volvo, raccatta aspiranti suicidi. In realtà li coglie in una zona di interregno, fra il suicidio e la morte, per offrire loro una possibilità di salvezza per rimanere in vita. Il tempo per decidere è quello di un’intera settimana, in cui cerca di far riassaporare loro le cose belle della vita. Li ospita in un albergo un po’ decadente e sembra abbia anche una collega che faccia lo stesso mestiere, al quale alla bisogna presta anche la vecchia automobile.
Arianna, Margherita Buy, fa la poliziotta e decide di suicidarsi perché non ha mai superato la perdita della figlia. Napoleone, Valerio Mastandrea, fa il guru motivatore ma non riesce più a trovare lo slancio nemmeno per motivare sé stesso. Emilia, Sara Serraiocco, è ridotta su una sedia a rotelle per un errore durante una gara di ginnastica artistica. Daniele, Gabriele Cristini, è giovane youtuber sovrappeso incompreso dai genitori, che lo sfruttano.
IL CUORE – Il tema del suicidio è sicuramente un argomento che merita riflessioni e messe in scena. Genovese e gli sceneggiatori di fatto imboccano una deriva cattolica prevedibile e che toglie pathos alla storia. Gli attori, fra i più bravi nel panorama italiano, fanno se stessi, a volte gigioneggiando con pose teatrali poco cinematografiche. Il palcoscenico di una Roma ben fotografata è interessante ma non sufficiente a ravvivare la pellicola, che rimane sempre un po’ in superficie sugli abissi dell’animo umano.
SUGGESTIONI – La categoria dei fantasmi al cinema ha illustri precedenti, a cominciare da Fantasmi a Roma di Antonio Pietrangeli, oppure Ghostbusters e Ghost, commedia romantica probabilmente insuperata nello specifico sottogenere, e Sesto senso con Bruce Willis. Insomma l’uso dei fantasmi è materia delicata, perché si chiede una notevole apertura di credito da parte dello spettatore. E per compensare quest’apertura la ricompensa narrativa deve essere molto alta e soddisfacente, altrimenti i fantasmi è meglio lasciarli dove sono.