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Il prossimo e remoto di Eleonora Rimolo

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La nuova raccolta di Eleonora Rimolo (1991), poetessa e critico letterario, direttrice per la sezione on-line della rivista Atelier, Prossimo e remoto[1](Italic peQuod, 2021), nella collana Quai de Boompjes, a cura di Valentino Ronchi, con postfazione di Milo De Angelis custodisce il gesto all’Alterazione simbolica, nella figurazione obliqua, nella ferocia lucente del passo ignoto della trincea di una lingua spaventata e sconosciuta:

«Quell’abbraccio te lo sei preso tutto, / lo hai sentito premere tra le scapole: / un bene semplice che non ti raggiunge. / È una trincea la casa materna dove mi ospiti, / in cui i morti spiano le mie voglie, i tuoi gesti / misurati: non eccedi in niente, emargini ai miei occhi le stanze più intime, chiedi scusa / per il disordine e poi dici di no, pronunci / le parole vuoto e fermo per intendere una fine, / per benedire nel sonno dopo la fatica / questo uso incosciente dell’affetto».

De Angelis scrive:

«Anche la persona più cara è sfigurata, varca il cerchio della memoria e della consuetudine, si inoltra in un territorio oscuro, dove un volto amato si sgretola e viene portato via dalla corrente […]. È una scena allucinata, vicina all’incubo, dove appare una delle figure classiche di questa raccolta, ossia l’acqua. Non si tratta di un’acqua serena o fecondatrice, ripete Eleonora Rimolo, bensì di una corrente che ci conduce dove vuole e ci lascia sbigottiti in balìa della sua forza […]. Anche la pioggia di un giorno qualunque diventa un episodio di questa guerra, un capitolo della grande distruzione che investe l’universo intero e la nostra piccola dimora».[2]

Gli strappi candidi e le nuvole larghe, la caduta e il contrasto, la corsa e la violenza, l’aumento delle parole, il rischio feroce e la scarnificazione della parola, che diviene foggia e crepa, ritaglio di ore e rincorsa spietata segnano la dimensione di una inquietudine violenta, di una precisione orientata, di una densità che si ammanta di una progressione vissuta.

È desiderio indigeno e forma muta ma mai inerte. La sua figurazione, dunque, è processione dell’istante, si nutre della coltre in divenire di ogni simbolizzazione umana, dove fame e sete, geografia interiore e dramma di libertà si uniscono come bellezza dilatata che sanguina:

«Li rivedi quegli incontri tutti dentro / una notte sola, dilatati dentro un tempo / che non si sfila ma è denso e solido / accovacciato a volte dentro granuli / sordi, a volte disteso – un linoleum / poco pulito. Così sono questi pensieri / che adesso spogliano il tuo silenzio / mentre parte un altro treno e tu sei / dentro chissà quale città dolente / senza sorriso, la testa bassa, piegata / annerita dal fumo. Avevi invece / una fronte giovane, due occhi amuleto / e un graffio inguaribile sottile / come bocca – sanguinava bellezza. / Che cosa sono gli anni».

La ferita e la guerra, le sfere di silenzio, l’abbandono e il richiamo, la carta asciutta frantumata sentono il sangue dentro il petto che pulsa, la temeraria e audace zona che desidera tempo nuovo, incontra il grande oceano di ogni stupore, la traccia umbratile del tempo che, spesso, non perdona:

«La tua mano è un cardo pungente senza fiori, / le spore aprono sentieri franati, il soffio dell’ape / in un fremito distante non schiude la foglia, / non spalanca le porte: non piove e non smette / di tornare il giorno nei legnosi grani delle tue dita / esplosi dal filo che ne faceva gioiello. Tenere / insieme le perle, stare intorno alla tavola tesi / con rocchetti e fermagli: stanotte guidiamo / il tuo nodo fino all’ultima pietra, restiamo / paralizzati nello stupore offeso di un corpo / che ormai vive per niente, di un cuore basalto / che da solo veglia e raffredda il grande oceano. / Lo sai che stai donando? Lo sai?».

Nella fitta precarietà, nelle geometrie abbandonate, vive sempre un battito lucente che si sottrae alla caduta e al limite, all’indizio che dispiega ogni minorità o sottrazione.

La memoria di Eleonora Rimolo è passo di origini, di ventagli ancestrali e di abissi immacolati come isole di gocce ruvide e sciupate, come acqua e respiro:

«Ancora ti guardo ed è l’abisso: i denti si staccano / nel sogno come dadi, il tempo dura il colpo / dell’onda sulla schiena e i rivoli si asciugano, / un estuario che non conduce ma secca. / Ancora in dormiveglia il profilo dell’isola bella, / una striscia compatta di crosta ombrosa / che al tramonto si spegne nel calore / e non brilla più: così si assottigliano tutte / le tue dita posate sul braccio destro, adesso / soltanto umide gocce di vapore, dissolte / in questo agosto torrido di rame».

Nelle vertigini indecifrabili delle soglie oscure, nei macro e microcosmi, nei tempi dilagati del tempo che uniscono azioni vicine e sperdutezze, nei dolori delle partenze e dei risvegli, nei frantumi originali, vi è sempre una lacerazione contusa, una sottrazione fertile, un sogno feroce e dolce, insieme:

«Il mare qui è un composto semplice, arancio / liquefatto nell’atmosfera, gas che annega / e brucia tutto: questo è l’odore di un’altra / vita, cresciuta al margine di una memoria non mia, / aliena fantasia di un attimo che sposta l’asse / mutando sogni e pianeti, senza distanza. / A volte lo sento in uno svoltare di strada, / appartiene a un passante, al suo stare / in un giorno reale: forse sono tornati / davvero gli dèi e tu non senti più il vuoto / nella pancia ma profumi di miti, stagioni / immortali, eroi che travasano la superficie / nel nero abissale e saltano, di nuovo, per amore».

Qui ogni estremità densa si impone come orma acuta di ogni possibilità, si svelano le trafitture e tutto diviene vivida esplorazione. C’è privazione e germoglio, scomparsa ed epifania. Il cardine di ogni altrove che aveva toccato la sua terra originale è, in questi passaggi, lacerto di tempo, dove affiorerà il nostro grido appartato e luminoso.

[1] Rimolo E., Prossimo e remoto, postfazione di Milo De Angelis, Italic peQuod, Ancona 2021.

[2] De Angelis M., in Rimolo E., cit., pp.66-67.

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Eleonora Rimolo, Prossimo e remoto, postfazione di Milo De Angelis, Italic peQuod, Ancona 2022, pp. 75, Euro 13,00.