Il film, uscito nelle sale italiane il 6 dicembre, è il primo lungometraggio girato e diretto da una donna saudita, Haifaa Al Mansour. Dopo l’ Italia saranno Inghilterra, Francia, Germania e Usa a proiettare il film, ma non l’Arabia dove non ci sono sale cinematografiche e le persone sono costrette a spostarsi nel Qatar e nel Bahrein per vedere una pellicola.
Haifaa Al Mansour racconta la vita che scorre silenziosa nelle strade di Riad, città nella quale è stato girato il film. <<Da regista ho potuto vedere e fare in quelle strade molto più di quanto avrei potuto da semplice donna saudita>>, afferma Haifaa. Una vita negata e una bicicletta di colore verde, il sogno di Wadjda (Waad Mohammed) una bambina di 10 anni, protagonista del film. Wadjda vuole comprare la bicicletta per partecipare ad una gara con Abdullah, l’amico con il quale non ha il permesso di giocare. La ragazza però sa di non avere il consenso della madre, preoccupata per come la società avrebbe giudicato un gesto del genere. Wadjda decide così di guadagnare dei soldi per realizzare il suo sogno, a tutti i costi. Il racconto di un desiderio negato. La bicicletta è sinonimo di libertà e spensieratezza, ma non in Arabia dove è considerata un oggetto di perdizione, proibito alle bambine.
Le realtà delle due protagoniste del film si incrociano con le storie di altre donne saudite facendo emergere con rispetto quelle che sono le contraddizioni di una società obbligata e compromessa . Donne che non possono guidare da sole, ma sempre accompagnate da un autista, in casa possono togliere il velo, truccarsi, farsi confidenze; in pubblico invece devono essere coperte ed evitare qualsiasi contatto.
E’ questo che accade nel paese della mezzaluna e ciò che racconta la bicicletta verde attraverso un ritmo vivace e spontaneo, attraverso lo sguardo disincantato di un’adolescente intraprendente e decisa nella lotta in nome di diritti fondamentali negati da una cultura conservatrice e limitante.