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La grande bellezza

La Grande Bellezza

Regia di Paolo Sorrentino

con Toni Servillo, nel ruolo di Jep Gambardella, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli e Carlo Buccirosso

L’Italia intraprende il suo percorso diretto fino alla conquista dei cinque finalissimi in gara per l’ottantaseiesimo Oscar come miglior film straniero. Siamo in trepida attesa. Debutta tra altri sei esordienti titoli italiani, quali: Miele, di Valeria Golino, Razza bastarda di Alessandro Gassman, Salvo di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, Viaggio sola di Maria Sole Tognazzi, Viva la libertà di Roberto Andò e il thriller horror Midway tra la vita e la morte di John Real. Commissionata da Nicola Borrelli, Martha Capello, Liliana Cavani, Tilde Corsi, Caterina D’Amico, Piera Detassis, Andrea Occhipinti e Giulio Scarpati dell’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali (ANICA).

Finisce sempre così, …, … … la vita nascosta sotto i bla bla bla. E’ tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto nella coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo, bla bla bla. Altrove c’è l’altrove dunque che questo romanzo abbia inizio. In fondo è solo un trucco, si è solo un trucco.

Roma ha un fascino capace di dar vita alle più asettiche delle riprese. Non è questo il caso, Paolo Sorrentino è il maestro del Cinema italiano: riprese, montaggio, colonna sonora, attori ecc… è tutto perfetto, impeccabile, studiato nel minimo dettaglio. Eppure, pare che La grande bellezza abbia una fotografia che, più che accompagnare la stessa trama, le toglie spazio, le da coraggio pretendendo di donarle quel valore aggiunto che, purtroppo, pare mancare a questo film. Una storia che racconta la Roma di oggi, molto lontana dalla Roma de La dolce vita di Fellini (1960). Questo è il tempo della Roma bene, bella, maestosa, che si diverte chiassosa ed esibizionista sulle lussuose terrazze dei ricchi che contano. Soli in un ridondante squallore di comode abitudini, vittime di una colpa che pare non abbia responsabilità. Tanti e soli, insieme e senza nessuno al tempo stesso. E’ il tempo di Jep Gambardella, giornalista e re della mondanità che scrive il suo unico romanzo a vent’anni e mentre gli anni passano, distratto si accorge di non aver più tempo di fare ciò che non gli va di fare. Sempre al centro di ogni festa, lascia ormai spazio a ricordi di un amore inconcluso della sua lontana giovinezza, quando era il tempo della grande bellezza, un tempo che non è mai più ritornato.

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