“Osso, Mastrosso, Carcagnosso – Immagini, miti e misteri della’ndrangheta” di Enzo Ciconte, Vincenzo Macrì e Francesco Forgione, con illustrazioni di Enzo Patti – Ed.Rubbettino, 2010, pp.95.
Quella di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre misteriosi cavalieri spagnoli sbarcati a Favignana, è una leggenda da sempre conosciuta dagli addetti ai lavori (tanto dai magistrati, dai giornalisti e dagli investigatori, quanto dai mafiosi, dai camorristi e dagli ‘ndranghetisti), salita alla ribalta delle cronache internazionali dopo la notte di ferragosto del 2007 e resa nota al pubblico televisivo da Roberto Saviano, nella puntata di “Vieni via con me” del 15 novembre 2010. Ma prima ancora che il programma di rai 3 la facesse conoscere ai più, la leggenda è stata raccolta in questo libro, insieme a tante altre storie di mafia meno celebri.
Si tratta di una storia antica, almeno quanto la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta, le tre società “sorelle”, fondate – sempre secondo la leggenda – nel mezzogiorno d’Italia dai tre cavalieri “fratelli”. Una leggenda antica, ma quanto mai attuale. Per quante trasformazioni abbia subito col passare dei secoli, infatti, la ‘ndrangheta non ha mai cambiato le modalità dell’affiliazione formale e simbolica. Chi continua a pensare che si tratti solo di folclore, si prepari a cambiare idea. Se non si considerano anche questi miti e leggende che “nobilitano” le origini della malavita, dando a tutti gli uomini di malaffare tanto di eroici antenati, non si possono comprendere molti degli eventi e delle dinamiche attuali. Se la mafia calabrese è diventata una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo, lo deve anche all’orrido fascino delle parole arcaiche degli antichi rituali di affiliazione, alla forza suggestiva di questo suo immaginario collettivo, fatto di antichi cavalieri che continuano a mietere proseliti cavalcando i nuovi sentieri della globalizzazione. Durante la già citata notte di ferragosto del 2007, in cui si consumò la strage di Duisburg, infatti, una delle sei vittime, prima di essere uccisa, facendo bruciare un santino di San Michele Arcangelo con tre gocce del suo sangue, aveva giurato fedeltà alla ‘ndrangheta in nome dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso.
Il libro di Ciconte, Macrì e Forgione non è una semplice raccolta di storie sulle mafie di ieri e di oggi. È soprattutto un viaggio in una galleria di immagini. Non ci riferiamo soltanto alle 73 pagine di illustrazioni di Enzo Patti, che stigmatizzano figure e gesti remoti eppure vivi nel presente, ma anche alle immagini evocate dai racconti degli autori. Immagini di uomini che bisbigliano nell’ombra di una grotta, incappucciati in grezze vesti d’altri tempi, ma che allo stesso tempo siedono, in giacca e cravatta, nei consigli d’amministrazione delle aziende del nord. Immagini di loschi figuri che si muovono come spettri nella canicola estiva di assolati paesini della Calabria più remota, scomparendo tra muri scalcinati ed arsi, per poi ricomparire come spettri nella nebbia padana o sulle spiagge dell’Australia. Immagini di spade, coltelli, rasoi e cavalli, di giuramenti firmati col sangue, baciati sulla bocca, impegnati con l’onore. Immagini di morte. Già, la morte. L’unica vera realtà lasciata lungo la strada da quella Società che si fa chiamare Onorata.