Quattordici allievi dei corsi di fotografia della Scuola di cinema e televisione di Napoli Pigrecoemme si misurano su un tema semplice e diretto: Napoli. Anzi, per meglio dire, il racconto di Napoli in un momento in cui il nostro territorio sta vivendo, evidentemente, grandi e laceranti contraddizioni. E’ da questa prima suggestione che è nata, così, un’imprevedibile galleria di 56 scatti che danno oggi vita ad un’esposizione, a cura di Corrado Morra e Luca Sorbo, in grado di raccontarci, senza fingimenti e senza il belletto anestetizzato della maniera, il groviglio sofferto, eppur vitalissimo, del tessuto umano e sociale della città. L’evento, infatti, realizzato anche grazie all’intervento dell’assessorato all’agricoltura della Provincia di Napoli, si prefigge prima di tutto di mettere insieme, senza nessuna retorica, una galleria di immagini che restituisca, attraverso una molteplicità di sguardi, la polifonica, variegata, ferita e pur sempre epica contemporaneità del nostro territorio. Ed allora, sin dal titolo, che, con l’esplicito richiamo al cataclisma biblico, evidenzia la necessità di una palingenesi morale capace di lasciare alle spalle l’agonia e l’ignominia di essere raccontata esclusivamente col nome abietto di Gomorra, diventa chiara l’ambizione politica, oltre che artistica, di tale progetto: fornire allo spettatore un flusso narrativo continuo che metta in rapporto dialettico, ed a volte anche conflittuale, sguardi ed ipotesi, contraddizioni e brutture, ma anche e soprattutto idee e sogni sulla nostra Napoli. La mia Napoli. Dopo il diluvio si preannuncia, pertanto, un racconto morale, che, in un singhiozzo di ombre e di luci, di ferite e sorrisi, faccia, ancora una volta, prendere coscienza di come il popolo napoletano, anche nell’agonia della tempesta, sia capace di presagire e cercare indefesso i segnali della Rinascita e di vedere nella stessa, ogni volta, ostinato e caparbio, quello che, per dirla alla Italo Calvino, << nell’Inferno, Inferno non è >>.