Nei precedenti articoli “L’assordante chiacchiericcio della mente” e “Ruminazione depressiva” abbiamo accennato alla pratica meditativa, in particolare alla mindfulness ed in questo articolo, scenderemo in ulteriori dettagli. La mindfulness, o meditazione di consapevolezza, deriva dal Buddismo ed ha acquisito, dagli anni ’70 in poi una popolarità sempre crescente fra le popolazioni occidentali. A favorire la diffusione della pratica meditativa è stata l’ampia mole di evidenze scientifiche, supportate da tecniche di neuro-immagine, che ha permesso di monitorare il cambiamento delle strutture cerebrali a seguito di un training meditativo di otto settimane. Diverse ricerche hanno dimostrato un aumento di materia grigia nell’ippocampo, l’area del cervello deputata all’apprendimento e alla memoria, ed una riduzione della densità di materia grigia nell’amigdala, la struttura cerebrale che è sede dei sentimenti di ansia e stress. Inoltre, favorendo la proliferazione di connessioni fra le strutture frontali del cervello, deputate al controllo e alla pianificazione, e la zona limbica, sede antica delle emozioni, tale tecnica permette una gestione delle emozioni quanto più funzionale possibile. Esistono diversi approcci mindfulness, fra cui l’MBSR, protocollo di otto settimane per la riduzione dello stress. La spiegazione dei benefici non rende perfettamente l’idea… bisogna provare per credere!