«“Sono caduto. È venuto via il bordo”. Tacqui un istante. Poi con voce neutra aggiunsi “Mi sono rotto una gamba”. Vidi la sua espressione mutare all’istante. Una ridda di reazioni diverse gli passò sul volto. Lo fissavo senza distogliere gli occhi. Non doveva sfuggirmi nulla. “Sei sicuro che sia rotta?”, “Si!”. Mi stava scrutando. Poi, come rendendosi conto di avermi fissato un istante di troppo, forse con troppa intensità, si girò di scatto. Ma non mi era sfuggito quello sguardo. Un lampo gli era passato negli occhi e io avevo capito. Ero uno sguardo di lontano distacco […]. La distanza con cui si guarda un animale ferito che non possiamo aiutare».
1985. Ande peruviane. La tragedia colpisce l’alpinista Joe Simpson durante il ritorno da un’impresa unica: la prima ascensione della parete ovest del Siula Grande (6536 metri). Lo sguardo pietoso ma distaccato è dell’amico e compagno di cordata Simon Yates. È senz’altro il momento culminante di un eccezionale racconto autobiografico: su un tratto incrostato di ghiaccio e neve instabile, uno degli attrezzi con i quali Joe si regge alla parete cede ed egli cade dritto in piedi su una sporgenza più in basso. Una gamba spezzata in più punti declassa il protagonista da “essere umano” ad “animale” senza alcuna possibilità di scampo. Un animale del quale si può solo provare pietà e che, d’altra parte, in quello stato, può addirittura mettere a rischio la vita del proprio compagno di cordata. È la dure legge della montagna. Ne è consapevole Simon, ma, soprattutto, ne è consapevole Joe: «Ti sei rotto la gamba. È la fine. Sei un uomo morto», dirà perentoriamente a se stesso.
Ma La morte sospesa stupirà il lettore passo dopo passo, con un susseguirsi di decisioni drammatiche, narrando di un’amicizia più forte del più forte degli istinti: quello di sopravvivenza. E quando Simon, in una terribile situazione di stallo, sarà costretto a lasciar cadere l’amico ferito nel vuoto, quello stesso istinto spingerà Joe a portare a termine, da solo, una discesa eroica, verso la salvezza.
Luigi Buò