<<La strada>>, un titolo che dice già tanto. La strada evoca il cammino, un viaggio, può essere quella della vita o parte di essa. La strada può essere la vita stessa. Possiamo percorrerla da soli o con qualcuno. Nel romanzo di Cormac McCarthy, edito da Einaudi e meritevole del Pulitzer nel 2007, un padre e suo figlio percorrono la strada che attraversa un mondo alla fine dei suoi giorni. Un luogo morto, distrutto da un’immensa catastrofe di non specificata entità, alla quale pochissimi sono sopravvissuti. Tra questi, un bambino e suo padre. I due sono in cammino lungo la strada che li porterà verso una possibile salvezza, in una situazione che sembra però offrire poche speranze. Intraprendono il viaggio a piedi con poche cose, la loro vita è tutta nel carrello da supermercato che faticosamente si trascinano dietro. I giorni passano tutti uguali, scanditi dalla ricerca di cibo tra le rovine coperte di cenere di quelle che un tempo erano abitazioni e dalle gelide notti trascorse sotto un telo di plastica e coperte logore. In una tale desolazione emerge il rapporto tra il bambino e suo padre, un uomo pronto a tutto pur di difenderlo dai predoni che vagano in cerca di cibo e vestiti. <<Noi siamo i buoni perché portiamo il fuoco, vero papà? >> chiede più volte il bambino. Il fuoco, elemento che in questo romanzo riveste un’importanza vitale, assieme all’acqua rappresenta lo spazio che separa la vita dalla morte: senza il fuoco non si resiste alle notti fredde. Il fuoco come elemento simbolico di conoscenza e civiltà portato lungo la strada passando da padre in figlio, a rappresentare l’eterna continuità della vita.
McCarthy ha una grande capacità di evocare e rappresentare visivamente ciò che scrive, riesce letteralmente a farci vedere ciò che accade. Le scene descritte sembrano prendere vita, al punto che potremmo considerare il romanzo una sceneggiatura. Il paesaggio cinereo, gli alberi morti, i cadaveri lungo il cammino. La desolazione è totale, soffocante, in alcuni momenti si percepisce la silenziosa disperazione del padre, la paura che qualcuno possa trovarli e coglierli di sorpresa; il padre, colui che ha il compito di proteggere il bambino e prepararlo al momento in cui sarà da solo. Eppure è la speranza a tenere vivo il racconto, speranza inestinguibile che spinge i due protagonisti a cercare la vita quando sembra non esserci, speranza che esce dalle pagine ed entra nel lettore consentendogli di provare empatia per un uomo e suo figlio.
La sapienza di McCarthy consiste nell’essere riuscito a scrivere una storia con due soli personaggi principali e pochi altri secondari che appaiono fugacemente durante la narrazione, tenendo alto il pathos dell’intera vicenda. Il tutto con una grande poesia, toccante ma non melliflua, commovente ma non artificiosa, con dialoghi asciutti e serrati, composti da poche parole, senza i due punti e le virgolette, brevi, ma profondi.
Insomma, <<La strada>> è un libro da non perdere, perchè è un libro autentico e pieno di quello che Harold Bloom chiama “splendore estetico”.