Lo zio è una bestia esile e gracchiante. Non lo sopporto più. L’ho trovato qualche giorno fa al centro della piazza, completamente nudo, più esaltato del solito e meno in forma che mai. Ho girato al largo sperando che non mi vedesse ma anche se ero lontano la sua voce si sentiva forte e rimbombava tra i palazzi, nonostante la sua forza fosse esigua e gli permettesse a malapena di soffiarsi tra le labbra.
<Ecco> – mi fa. << Alla fine mi hanno costretto e se ci penso bene mi hanno sempre costretto a far qualcosa. Anche quando mi sono imposto di far qualcosa da me, è stato comunque un ordine dall’alto . Un dovere. Comprendi quanta fatica ogni mattina il mondo debba fare per mantenersi in luce e quanto sforzo ogni persona debba attuare per non farsene schiacciare. Così fino ad ora ho vissuto la mia vita, nudo e col culo in alto, in attesa del giudizio di Dio. Quando poi ho capito che il giudizio di Dio, questo oggetto bruciante e devastante che irrompeva in me, altro non era che il giudizio del mondo, la frattura si è fatta insanabile.
Pensavo di vivere per grazia e ora la grazia si è presentata in tutta la sua assurdità. Dovrei lasciarmi andare? Ma lo faccio e lo faccio anche bene, penso. Sono qui in piazza, nudo e gracile come un bambino, a spese mie per la gioia del mondo, ad aspettare un evento qualsiasi. Scoprire poi che la grazia stessa non riguardasse le cose buone, ma le cose tutte per come si presentano, mi ha devastato. Tutto il dolore e tutta la violenza che mi sono piombate addosso si sono d’un tratto fatte leggerissime e in questa leggerezza ho scorto la crudeltà dei giorni, che con uno sforzo minimo d’energia, quello per mettere in moto le cose, fanno scempio della mia carne. Mi sembra ora che non esista salvezza se non dalla grazia del dolore, dalla grazia del brutto e dalla grazia dell’ingiusto, per questo forse qualcuno ha detto che la grazia vera fosse solo quella degli angeli. Questo vilipendio alla mia vita è il giorno stesso che scorre tranquillo, che uccide, sposa e fa viaggiare allo stesso modo.
Così che vivere una tragedia non mi esime dall’ incontrarne altre, allo stesso modo per cui si incontra un albero per strada, in maniera totalmente casuale, mentre si aspetta. E questa per me è stata la fine della Storia, come quando ho capito che nel tempo gli olocausti si sono ripetuti in maniera molteplice e quasi costante. Fine della Storia e inizio della realtà. E ora che la realtà mi è entrata dentro come se fosse un violentatore viscido e maleodorante, mi sono indebolito e le ossa si sono fatte più sottili. Così aspetto in piazza, nudo, con la paura che tutto possa accadere, sperando nell’attesa che possa prepararmi a ogni bene e male futuro. Ma ogni giorno più scompaio, perché ad attendere non ci si prepara mai a niente se non a farsi violentare dal giudizio che il mondo ha di tutti.>>
In lontananza, vidi che qualcuno lo aveva accoppato e si prendeva gioco di lui, e se non credeva più nella caduta delle meteoriti era solo perché aveva imparato a temere le ore del giorno più di Dio.