Yussuf Mumé Salih, alla periferia di Harar, verso le otto di sera porta da mangiare alle iene che lo aspettano avide. Si avvicina con cautela e le chiama dolcemente a sè brandendo verso di loro della carne avvolta intorno a piccoli bastoni di legno. Fino alla fine dell’Ottocento erano spazzine/becchine delle mura della città dove uomini e donne si lasciavano morire mestamente, anelli fondamentali di una catena alimentare che non fa alcuna distinzione. Aspettavano la morte fuori del perimetro cittadino e le iene poi ripulivano ogni cosa vomitando unghie e peli per loro impossibili da digerire.
Ora Yussuf cerca di sfamarle come meglio può. Le chiama con nomi carini..Mimì e Frou-Frou..Le vizia, come se fossero dei bambini affamati, che nell’oscurità della notte ridono e ridendo fanno capire che hanno ancora fame; che sono insaziabili. Che non la smetteranno mai di tornare a riscuotere vecchi interessi di sangue. Sempre guardandosi attorno sospettose. Aspettando che Yussuf si faccia vecchio e vada pure lui come i suoi avi a morire fuori le mura per farsi sbranare.